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lunedì 21 maggio 2012

Povero popolo leghista?


A poche ore dal terremoto in Emilia - si contavano già 6 morti e 3 mila sfollati - ecco la "battuta" di un segretario locale della Lega Nord in provincia di Brescia, tale Stefano Venturi. Il commento è già cancellato da facebook.

(fonte: Nonleggerlo)

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Ora vorrei dirti, legaiolo padano: “Complimenti!” - Le mie più sentite congratulazioni a te e famiglia, per aver abdicato l’ultimo sprazzo della tua intelligenza al potere leghista del bossi. 

Quante volte negli anni, ho letto le vostre elucubrazioni idiote restando stupita dinnanzi alla vostra stupidità! Eppure mi dicevo che un senso dovevate averlo – anche se non l’ho mai trovato – che in fondo eravate capaci di credere in qualcosa, e poco importava che fosse il dio Po. 

Complimenti! Avete tolto i vostri figli da scuola a 14 anni, e gli avete insegnato quel che vi diceva il bossi, ovvero che per fare grande il nord dovevate lavorare, lavorare e lavorare. Avete fatto crescere i vostri figli nell’ignoranza e nella fatica da placare con l’alcol del sabato sera, che però garantiva di stare alla guida di una bella auto, e costruire la villetta a schiera col giardino davanti e di dietro, segno del benessere padano del sogno realizzato. - Bravi! 

Come un piccolo esercito vi siete prestati alle parate ridicol-chic, che era sempre carnevale, con indiani padani, celti padani, crociati padani, giussani padani, e i miei sempre amati elmetti cornuti. Anche i bambini, tunica e spadoni, per imparare che bossi prima o poi vi avrebbe portato alla secessione, al distacco dall’italica civiltà italiana, di roma ladrona, delle mafie del sud del parlamento italiano su cui bisognava sputare. - Voi sotto il palco ad osannare quel che restava di bossi, e del figlio – il principe ereditario – la trota che sarebbe diventata un delfino; calderoli e l’abominevole sacco di merda borghezio, il lombrosiano maroni, e il cota, lo zaia, il tosi, la rosi mauro. 

Il vostro governo promesso, del parlamento che non c’era. Tutti eccitati ad applaudire le sparate dei vostri condottieri, sulle pallottole e sulla guerra di secessione, sui ladroni di Roma, e sui soldi padani che dovevano restare in padania. Le vostre tasse e i vostri sacrifici, che dovevano restare a casa vostra. La vostra patria. - Quella patria da difendere cacciando indietro il nemico in palandrana “i islamici”, “i zingari” da incendiare. I bambini negri da lasciar senza cibo nelle scuole padane, che insegnavano la fantastica storia di una nazione inesistente, creata appositamente per voi in una baita di Ponte di legno, dove scorrevano fiumi di vino e mari di polenta taragna, alla faccia vostra, della vostra fatica, e del vostro credo malato. - Complimenti! 

Siete stati degli ottimi soldati. Avete lavorato indefessamente, avete sfruttato gli edili albanesi prima e i romeni dopo. Avete sfruttato le donne russe alle quali avete affidato la cura dei vostri parenti, avete abusato (spesso ucciso) le puttane nigeriane, e tutte le altre razze “inferiori” a borghezio, in base alle loro peculiarità. Avete messo al bando il kebab, imposto il maiale (cannibali) nelle mense scolastiche, e salvaguardato la vostra discendenza ariana persino con il tiro alla fune e il lancio del porco nelle pozze di fango. - Bravi! Il vostro sacrificio è stato ripagato, anzi “ripaghettato”, con tutto quel che oggi emerge dalla marea nera di merda che avvolge la vostra famiglia reale. 

Ladri, profittatori, predoni, malfattori. Un partito politico creato solo ed esclusivamente per arricchire un manipolo di ladri, bugiardi, usi a fingere di avere una laurea o di comprarne una in Albania. Gentaglia che per farvi credere di avere un’idea andava in Austria a dar lezioni di nazifascismo. Ignoranti beceri che pur avendo sputato sopra all’odiata Italia, non se la sono sentita di abbandonare la stanza della cassaforte da depredare, riportando sì i soldi italiani in padania, ma a casa loro, nelle loro tasche, nel loro benessere da ladri, e dei loro figli – principi ereditari – che non solo sono ignoranti, ma non hanno nemmeno un callo sulle mani, a dispetto dei vostri figli educati, almeno, alla fatica.

Ma i miei complimenti più sentiti vadano agli operai delle fabbriche. Tutti quelli che ebbero il coraggio di ammettere di aver passato una vita ad adorare Berlinguer, e che poi, un giorno, staccati dalla catena di montaggio, nel chiuso della cabina elettorale, ebbero il coraggio di fare la ics sul simbolo della Lega. - Vi auguro con tutto il cuore di poter sempre pensare e ricordare che ogni euro tolto dalle vostre buste paga, dalle vostre tasche, e dalla vostra vita è andato a fare d’oro la vita di gente come quella che ho nominato fin qui. Trota compreso, con la sua paghetta mensile – argent de poche – di 5.000 euro.

Agli altri legaioli auguro il coraggio di andare a Gemonio, guardare sulla collina e percepire la villa gialla alla stregua di un campo rom da liberare. - Rita Pani (APOLIDE del SUD)

(fonte: Rita Pani)

martedì 10 aprile 2012

Fine di un troglodita


Finalmente esce di scena, travolto dagli scandali, uno dei tribuni del popolo più rozzi e imbarazzanti che abbia mai avuto il nostro paese, che pure ci ha fatto ripetutamente vergognare per la levatura personale, morale e politica della sua classe dirigente.

Umberto Bossi ha incarnato per venticinque anni l’anima più rudimentale, ignorante e becera dell’italiano medio. E la Lega Nord ha rappresentato gli interessi più provinciali, conservatori e qualunquisti di una piccola (anzi, piccolissima) borghesia, degnamente rappresentata dal suo indegno leader.
Quello che molti indicavano come un “politico finissimo” era ed è, in realtà, soltanto una persona sgradevole e volgare, i cui unici argomenti dialettici non andavano oltre il dito medio continuamente alzato verso l’interlocutore, e il vaffanculo continuamente biascicato come un mantra.
Il cosidetto “programma politico” della Lega, d’altronde, era all’altezza di questa bassezza, e si limitava al protezionismo nei confronti dei piccoli commercianti e dei piccoli coltivatori e allevatori diretti, condito da anacronistici proclami per la secessione e l’indipendenza di una fantomatica Padania.
Le patetiche cerimonie a Pontida, e le ridicole simbologie solari o guerriere, rimarranno nella storia del kitsch, a perenne ricordo delle camicie verdi: versione di fine secolo delle camicie nere o brune della prima metà del Novecento, e ad esse accomunate dall’ottuso odio razziale e xenofobo.
Che un movimento e un leader di tal fatta abbiano potuto raccogliere i consensi di una parte consistente della popolazione del Nord Italia, era ed è un’ironica smentita della sua supposta superiorità nei confronti di “Roma ladrona” e del “Sud retrogrado”, oltre che una testimonianza significativa del suo imbarbarimento.
Come se non gli fossero bastati luogotenenti quali Borghezio, Calderoli o Castelli, negli ultimi tempi Bossi aveva lanciato e imposto in politica il proprio figlio degenere. E’ un degno contrappasso, il fatto che proprio le malefatte del rampollo abbiano contribuito alla caduta del genitore. E, speriamo, anche del suo movimento.
Padre e figlio possono ringraziare la fortuna che li ha fatti nascere in Italia, e non in Iraq o in Libia, anche se entrambi hanno contribuito a far regredire il nostro paese al livello di quelli. Non li vedremo dunque trascinati nella polvere, e giustiziati sommariamente: ci acconteremo, o accontenteremmo, di vederli sparire con ignominia dalla politica e dalle nostre vite. Anche se le grida di “tieni duro” da parte dei loro sostenitori ci fanno temere parecchio al riguardo.

(fonte: Odifreddi

giovedì 5 aprile 2012

Va pensiero...

Scandalo Lega


Riccardo Bossi: ‘Mai preso soldi da Belsito’


“Io personalmente di soldi dal Belsito non ne ho mai ricevuti, mi occupo di altre questioni, sono impegnato solo nello sport e sono fuori da tutte le cose del partito. Comunque ha fatto bene a dimettersi». Queste sono le parole rese da Riccardo Bossi, primogenito del senatùr, ai microfoni de “La Zanzara”, su radio 24. “Rimango dispiaciuto per questo episodio, perché fa male al partito e a tutti quanti. Mio padre – continua Riccardo Bossi – è una persona pulita, totalmente estraneo a queste storie, ci metto la mano sul fuoco e non solo la mano. È una persona per bene che ha dedicato la sua vita interamente alla politica. Se poi persone intorno a lui si sono comportate male non lo so. Complotto della magistratura? Sì, quello sì. È evidente l’attacco dei giudici nei confronti della Lega, l’unico movimento che è fuori dal potere e all’opposizione. La Lega non piace all’Europa e al pensiero politico europeo”. 

mercoledì 28 dicembre 2011

Monica Rizzi, l’assessore psicologo. Anzi no



L’assessore regionale della Lombardia Monica Rizzi probabilmente avrà sorriso leggendo del ministro tedesco Guttenberg, che si è dimesso perché accusato di plagio: avrebbe copiato la tesi con cui ha ottenuto il dottorato di ricerca. Cosa avrà pensato Monica Rizzi? Lei che, secondo la denuncia dell’ordine degli psicologi che ha portato all’apertura di un fascicolo in procura a Milano, per anni ha partecipato a convegni e accettato consulenze in veste di psicanalista? Quando è stata “scoperta” ha cancellato dal suo sito il curriculum medico, sino ad allora costantemente aggiornato. Il problema per Monica Rizzi non è stato valutare se dimettersi o meno ma come poter comunque approdare in consiglio regionale. Così è stato. Diventando assessore allo sport. I meriti? Anche quello di aver seguito, cresciuto, guidato per mano Renzo Bossi alla sua prima campagna elettorale a Brescia.

A smascherare Monica Rizzi, lo scorso maggio, era stato il Fatto Quotidiano. Raccontando che nel curriculum dell’allora candidata alle regionali figurava il titolo di “psicologa e psicoterapeuta infantile”. Specializzata nel recupero dei bambini vittime di abusi. Rizzi dichiarava di aver lavorato “per una decina d’anni nel campo specifico del recupero dei minori abusati”. E risulta che abbia addirittura collaborato con il Tribunale dei minori di Brescia. E qui cominciano i guai. Perché il suo nome, nell’albo regionale dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, non c’è; e non c’è in nessun albo d’Italia. Non è solo un problema formale: perché per dirsi psicologi è necessario avere una laurea, aver fatto un anno di tirocinio, aver superato l’esame di Stato e quindi essere iscritti all’Ordine. Altrimenti, esercitare la professione di psicologo, o anche solo fregiarsi di quel titolo, è un reato penale. Roba da procura della Repubblica. Come dirsi medico senza averne i titoli. E infatti la Procura di Milano, su esposto dell’ordine lombardo, ha aperto un’indagine a carico dell’assessore. Che non sembra preoccuparsene. Non come il ministro tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg.

Il barone bavarese di 39 anni si è dimesso perché accusato di plagio: avrebbe copiato il settanta per cento della tesi con cui ha ottenuto un dottorato di ricerca dall’università di Bayreuth. Lui ha immediatamente rinunciato a usare il titolo di dottore e l’ateneo ha ritirato il PhD che Guttenberg aveva conseguito nel 2007. Due giorni fa, infine, quello che era tra i più apprezzati ministri del gabinetto di Angela Merkel, ha rassegnato le proprie dimissioni. Con queste parole: “È la decisione più dolorosa della mia vita ma è mio dovere fare questo passo. È un diritto dei cittadini, e in particolare dei soldati che rischiano la vita per compiere il proprio compito, avere piena fiducia in chi ha le massime responsabilità politiche. Quando questa fiducia si incrina a un ministro della Difesa non resta che dimettersi”.

Monica Rizzi del resto non è un ministro. E’ “solo” un assessore (dodicimila euro al mese più varie ed eventuali) della Regione Lombardia. Posto conquistato sul campo aiutando il Trota. Il rapporto di “piena fiducia”  con la Lega è stato onorato: Renzo Bossi è stato eletto a Brescia anche grazie al suo aiuto. La laurea in psicologia? Chi ne parla viene querelato. Come l’ex portavoce Marco Marsili. Rimosso dopo aver pubblicato un libro dedicato al caso Ruby, si è scagliato contro l’assessore dicendo che dovrebbe “preoccuparsi dell’indagine della Procura della Repubblica di Brescia circa la sua laurea in psicologia”. Rizzi ha dato mandato al suo legale per querelare Marsili.  L’avvocato Alessandro Diddi sostiene che non ci sono guai in arrivo per Rizzi anche se l’assessore effettivamente non è laureato. “C’è un tale, infatti, il quale, ipotizzando che l’assessore avrebbe qualcosa da temere in relazione alla sua ‘laurea’ in psicologia preannuncia imminenti guai giudiziari nei confronti dell’assessore Rizzi. L’assessore Rizzi – chiarisce il legale – non ha alcuna laurea in psicologia e, dunque, non ha da temere per titoli che non ha mai conseguito e nemmeno mai esibito. Non ha da temere alcuna indagine perché non le consta che la stessa sia esistente e, anche lo fosse, sarebbe pronta in ogni momento a spiegare con serenità qualunque contestazione”. Insomma, in Germania per un presunto plagio un ministro si dimette, in Padania per una laurea finta un assessore querela.

venerdì 19 agosto 2011

Lega contestata, Bossi “scappa” nella notte


Dopo due giorni di insulti e proteste, il leader del Carroccio decide di lasciare il Cadore. "Brutto, brutto, brutto: andiamo via", si sfoga con pochi intimi all'interno di un hotel Ferrovia blindato. Il clima è talmente pesante che la cena per il 64esimo compleanno di Tremonti è spostato all'ultimo secondo nella baita a Lorenzago del ministro dell'Economia“Brutto, brutto, brutto: andiamo via”. Umberto Bossi nella notte decide di lasciare l’hotel Ferrovia di Calalzo di Cadore per timore di altre proteste. Ci sono voluti due giorni di contestazioni dell’ormai ex popolo leghista bellunese e decine di insulti dei passanti, per far comprendere al leader del Carroccio che la base ha superato il limite di sopportazione. Tornare indietro ora è difficile. Da contadino della politica quale è, Bossi ha compreso che non può più salvarsi dal Titanic: affonderà insieme a Silvio Berlusconi.

Mercoledì sera ha dovuto cancellare il comizio in piazza per timore delle proteste leghiste, capitanate dal presidente della Provincia di Belluno che si è presentato con la bandiera dell’ente listata a lutto. Ieri ha ricevuto insulti dalle auto che passavano davanti all’albergo. Si è nascosto per tutto il giorno all’interno insieme a Roberto Calderoli. E i dieci minuti che è uscito per accogliere l’amico Giulio Tremonti, i tre sono stati costretti a farsi circondare da una decina di uomini della scorta. Prigionieri a casa loro. Tanto che ieri sera la tradizionale festa di compleanno del ministro dell’economia all’hotel Ferrovia è stata trasferita all’ultimo minuto (nella speranza di depistare proteste e giornalisti) nella baita di Tremonti a Lorenzago. La stessa baita dove i quattro saggi del centrodestra stilarono il federalismo che fu poi bocciato dagli elettori con il referendum.

La baita è raggiungibile solo attraversando un cancello, ovviamente ieri notte sigillato e sotto stretta sorveglianza. Nascosti nella loro terra, in fuga dagli ex elettori che per venti anni hanno regalato alla Lega la sensazione di potere e immortalità che adesso comincia a franare. Alberto da Giussano non può fare nulla, l’inesistente Padania comincia a essere ridimensionata agli occhi di Bossi. Le proteste fanno male. Anche ieri per tutto il giorno è stato un continuo susseguirsi di manifestazioni e contestazioni davanti all’albergo. Dal sindaco Pdl del Comune di Calalzo al presidente provinciale di Confcommercio, dagli ex leghisti e autonomisti, al Pd ai cittadini. Qui era impensabile fino a pochi mesi fa che qualcuno potesse criticare il Capo. All’hotel Ferrovia di Gino Mondin era un continuo pellegrinaggio di complimenti, mani da stringere, baci e foto ricordo tutti sorridenti col ministro leghista di turno. Dalle macchine che passavano davanti all’albergo è sempre stato un “viva Bossi, viva la Lega”. Da due giorni invece la strada è piena di contestatori e manifestanti. E dalle auto il conducente più delicato gli ha gridato contro “cialtrone”.

Il livello di sopportazione è ampiamente superato, ma la realtà non ha ancora preso forma nella mente del Carroccio. Il nervosismo è palpabile. A un giornalista della Rai regionale che lo segue imperterrito persino all’inaugurazione di una piccolissima centrale elettrica, Bossi si mostra molto infastidito. “Vaffanculo, siete anche qui”.

Così, dopo essersi nascosto per tre giorni, Bossi sceglie di scappare. Lo fa di notte. Mentre cenava nella baita, poco dopo le una di questa mattina, i sei uomini della scorta del leader leghista hanno pagato il conto dell’albergo (che era prenotato per Bossi fino a venerdì), fatto le valigie, caricato le macchine. Poi sono andati a prelevare il Capo e lo hanno portato lontano dalle contestazioni. Presumibilmente a Gemonio, a casa sua. Dove almeno una bandiera della Lega rimarrà alta: quella che ha nel suo giardino.

Calderoli è invece rimasto a dormire in albergo perché G., il figlio della compagna Gianna Gancia (presidente della Provincia di Cuneo) ha undici anni ed era stanco. Partiranno all’alba, ha fatto sapere il ministro per la Semplificazione. Quando i giornalisti presumibilmente dormiranno e, soprattutto, i contestatori non saranno tornati qui davanti.

A ripercorrere gli eventi di questi tre giorni appare evidente come la Lega deve fare i conti con una inaspettata realtà: non ha più il polso del territorio. La base è stanca, non ne può più di leggi ad personam, nuove tasse. Da mesi gli elettori del Carroccio chiedono a Bossi di staccare la spina al governo e lasciare Berlusconi. La base lo ha chiesto talmente ad alta voce attraverso i canali consueti, che il Carroccio invece di dialogare con i malpancisti, ha preferisco censurarli chiudendo persino gli interventi liberi a Radio Padania. Ora è troppo tardi. Berlusconi non si può più scaricare. Ed è lo stesso Senatùr ad averlo compreso. “Silvio ha vinto grazie a noi e ora noi perdiamo grazie a lui”, si è confidato in uno sprazzo di spietata lucidità. Il gioco è finito. Le proteste fanno male. Meglio tornare a casa, durante la notte. Al buio, di soppiatto, senza farsi vedere da nessuno.

domenica 19 giugno 2011

In sintesi...


Che cosa è accaduto a Pontida? Un cazzo. Anzi, un casso. Come qui previsto. Sorry, ladies and gentlemen.


***

Ma davvero c’è ancora qualcuno in giro che conta su quelli che invocano la “Padania bianca e cristiana” per far cadere il Cavaliere?
D’accordo, fa piacere che il Partito delle Teste Molto Chiuse litighi con il Partito dei Faccendieri Avidi, ma fa piacere solo in quanto fanno schifo nello stesso modo: ed entrambi appartengono a un passato di cui prima ci liberiamo, meglio sta questo benedetto Paese.
Insomma ha ragione Berlusconi quando dice che Pdl e Lega non hanno alternativa ad allearsi tra loro: quale altro politico o partito sano di mente e di morale si prenderebbe come alleato uno qualsiasi di due così?

(fonte: Alessandro Giglioli)

Se fosse solo un brutto film, saremmo in un paese normale. Invece è il solito inconcludente penultimatum per gonzi.

Io ho viste cose, che voi italiani non potete nemmeno immaginare. Ho seguito per voi #Pontida 2011, culi in fiamme al largo dei bastioni bergamaschi, ettolitri di cabernet a riempire vuoti politici e concettuali, porcate sceniche ed istituzionali


Ho visto uomini adulti vestiti da vichinghi, ho visto casalinghe guerriere munite di cornamusa pogare durante il "Va' Pensiero", e commuoversi tra i fotogrammi di "Braveheart", sparati su maxischermo.


Ho visto il delirio di un Ministro dell'Interno (lui era quello "serio") di un grande Paese Occidentale: "Sogno una Padania libera ed indipendenteee!".


Ho visto i membri dell'Establishment leghista parlare come fossero Vietkong arroccati tra le montagne dell'alto Friuli. Per cortesia, avvertiteli!, che al Governo, da una decina d'anni, ci sono loro.



Ho visto Renzo Bossi incitare la folla, vestito da ciclista, tutto attillato e con la panza, consapevole della propria importanza.

Ho visto la sconfitta del Senatur: "Il Nord Italia è stato invaso dalla Mafia". E peggio ancora, durante quelle parole, ho visto le risa e gli applausi dei Ministri, Governatori, Sindaci e Presidenti di Provincia che da 20 anni amministrano quelle zone.

Ho visto migliaia di cittadini devastati dalla piaga dellasalsiccia, bersi con voracità le panzane del loro Capo, del tipo "Noi ci siamo mossi in questi anni, siete voi che non ci avete visti".


Ho visto targhe commemorative di Ministeri virtualmente spostati nel tempo e nello spazio, ho visto fogli di raccolte-firme così importanti che riempiranno i cessi pubblici di tutto il Triveneto per almeno un paio di settimane.


Ho visto un uomo di Governo, Roberto Castelli, vantarsi delle proprie "origini celtiche". Ho visto barbari filoborgheziani desiderosi di trovarsi faccia a faccia con il Premier, per potergli mostrare gli usi alternativi dell'ampolla lombarda, ho visto nonne schiette e sincere, che il Presidente del Consiglio può tranquillamente "andarsene affanculo".


Ho visto i vertici istituzionali italiani esprimersi con termini che farebbero rabbrividire gli adolescenti più irrequieti dell'estrema periferia padovana. Ho visto Matteo Salvini - vicesindaco mancato - muoversi nel suo habitat naturale, tra troll altoatesini ed ultras diffidati, con rutto pronto e coro sempre in canna.


Ho visto cavalieri templari sbronzi inneggiare alla secessione, ho visto highlander finto-scozzesi distribuirevolantini pieni di nuovi obiettivi politici che mai verranno raggiunti, e che se anche non verranno raggiunti, vabbé, fa lo stesso.


Ho visto un Leader gravemente malato, un Ministro della Repubblica che ha perso ogni credibilità, che non sa più nemmeno parlare alla sua gente, e che pensa di recuperare il consenso perduto impuntandosi su "mucche", "vacche", "equitalia", "ministeri a Monza" e "giornalisti stronzi".


Ho visto un Partito che oggi avrebbe dovuto staccare la spina, ma che non può farlo, perché altrimenti - sono loro stessi ad annunciarlo alla folla! - "al Governo non ci torniamo più".


Ho visto gli elettori, un po' seccati ma non abbastanza, delusi ma contenti, fottuti ma festanti, a cui probabilmente non sono bastati 18 anni di scemenze, e promesse mancate.


Ho visto una Classe Dirigente spompata, più imbarazzante che delirante, che non ha più nulla da dire, che oggi avrebbe dovuto svoltare, e che ha finito per farsi il funerale.

(fonte: Non Leggerlo)

venerdì 3 dicembre 2010

Metastasi: sangue, soldi e politica tra nord e sud.

Presentato il libro “Metastasi” di Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli sui rapporti tra la mafia calabrese e alcuni esponenti politici. La nuova ‘ndrangheta nella confessione di un pentito.


di Sebastiano Di Mauro.

Sono imperversate in queste settimane discussioni a non finire su Mafia Si o Mafia NO in Lombardia, che ha scatenato dibattiti su carta stampata e Tv e, come era prevedibile che fosse, un fiume di polemiche. E’ stato criticato Roberto Saviano che ha trattato il tema delle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia ed in Lombardia in particolare e, senza neanche troppi mezzi termini, aveva fatto intendere che le cosche mafiose avevano delle convivenze con le istituzioni locali, allarmando così il partito del Carroccio, tanto che il Ministro dell’Interno Maroni ha voluto replicare.
Ora, probabilmente, una nuova ondata di polemiche verrà suscitato da “Metastasi“, il libro pubblicato da Chiarelettere, firmato da Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli, inviati di “Libero”, che ieri sera è stato presentato al Circolo della Stampa di Milano alla presenza di Giornali, TV e tanti appassionati in una sala gremitissima che vedeva come relatori di rilievo Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano, il procuratore capo della Dda di Roma Giancarlo Capaldo e Gad Lerner, giornalista e scrittore, oltre naturalmente a Maurizio Belpietro, direttore di Libero, testata a cui appartengono i due giornalisti autori.
Apriva la serata Gad Lerner, che rivolgendosi alla dr. Livia Pomodoro, ha esordito dicendo: “una volta tanto siamo in controtendenza e sono i giornalisti a portare notizie ai magistrati”. Queste “notizie”, contenute nel libro-confessione, come ha ammesso lo stesso procuratore G. Capaldi, costituiscono dei veri e propri documenti che sono al vaglio della magistratura, basandosi sulle rivelazioni del pentito Giuseppe Di Bella.
Infatti nel libro vengono affrontati ed eviscerati i rapporti tra la ’ndrangheta e diversi personaggi, i cui nomi, per ovvie ragioni, sono stati criptati con le lettere dell’alfabeto greco Alfa, beta… e tra questi il noto esponente del Carroccio, chiamato appunto il signor “GAMMA”, il quale facilmente si è riconosciuto in modo inequivocabile. E’ stato un ministro della passata legislatura, che dopo le reticenze del pre-presentazione del libro viene svelato come l’ex ministro Castelli, che a Varese, “consapevolmente” o “inconsapevolmente” beneficiò dei servigi della ‘ndrangheta, dopo l’incontro con il boss avvenuto proprio alla vigilia del grande boom del partito del Senatùr. Da quel giorno Trovato disse ai suoi: “Votate Lega e fate buon pubblicità”, aprendo così di fatto una sorta di patto di solidarietà.
Al quartier generale della Lega è già scattato l’allarme e Umberto Bossi, insieme al suo fidatissimo staff sta certamente approntando una manovra che corra ai ripari sul ciclone che si sta abbattendo sul partito. Ma non sono solo politici i legami della trama del libro, che al di là delle denunce chiare e gravi, è un romanzo, e descrive in maniera reale i rapporti che la ’ndrangheta calabrese ha intessuto con personaggi di spicco come Gianni Versace, che poi nel 1977 venne ucciso a Maiami in Florida, presumibilmente da un certo Andrew Cunanan, che si uccise misteriosamente prima di essere catturato dalla polizia statunitense. Ora G. Di Bella afferma sia stato un delitto per mano della ‘ndrangheta, che era arrivata fino a Miami per farlo fuori.
A dare il via alle confessioni del pentito Giuseppe Di Bella, pare sia stata la morte della moglie, che non è riuscito a portare per cure in Svizzera a causa delle lungaggini burocratiche che hanno avuto il sopravvento gettando nello sconforto un uomo venutosi a trovare solo con il suo bambino di 10 anni, un vero “ergastolano”, vittima ingiustificata del sistema mafioso.
Nel libro si parla, per la prima volta degli intrecci tra il boss della ‘ndrangheta Franco Coco Trovato, imprenditori e politici e, come confermato dallo stesso capo della direzione distrettuale antimafia romana Giancarlo Capaldo, nel corso della presentazione del libro, “è stato aperto un fascicolo per accertare e riscontrare la veridicità dei racconti fatti dal pentito”. La prima copia del libro con i nomi e cognomi chiari dei collusi si trova sulla sua scrivania per essere messo al vaglio della giustizia, che necessariamente dovrà fare tutte le opportune verifiche.
E’ stato ricordato come le parole più significative del pentito Di Bella abbiano trovato riscontro in un’altra voce decisiva nella lotta alla Mafia Calabrese, e che è quella di Filippo Barreca, praticamente il Buscetta della ’ndrangheta, e che come ammesso dalle parole del procuratore Nicola Gratteri è stato un santista, cioè uno di quelli ammessi a partecipare alle riunioni decisive dei capi dei capi e che quindi, senza di lui, non si sarebbero mai celebrati i processi di mafia che conosciamo.
Questo libro, come Vaticano Spa che ha venduto 250 mila copie in un anno in Italia, si annuncia un grande successo e sarà un idea regalo per il prossimo Natale a sole 14.60 euro e reperibile da oggi in tutte le librerie. Questo libro, inoltre, come ribadito da Gianluigi Nuzzi, non è una “spremitura” di atti giudiziari, ma rappresenta una confessione chiara ed allo stesso tempo sconvolgente, che ha in se i ritmi di un romanzo criminale.
In esso viene narrato come la ‘ndrangheta calabrese abbia il monopolio nel commercio della droga: non vanno i casalesi, non vanno i siciliani, ma vanno i calabresi ad acquistare le navi cariche di cocaina da immettere nel mercato europeo, utilizzando i porti di Amburgo e di Gioia Tauro, tutto il resto sono solo piccoli episodi in confronto.
A Careri, in Calabria, una donna a cui chiesi perchè vestisse di nero – dice Nuzzi – mi rispose che gli era molto il fratello e quando ho replicato che sua fratello era vico e che stava collaborando con la giustizia mi rispose: “appunto non ho più un fratello”. Nello stesso paese in una classe di una scuola elementare, quando abbiamo chiesto cosa fosse la mafia, i bambini sono rimasti tutti zitti, così come il comandante dei Vigili Urbani a cui un investigatore aveva chiesto il numero civico dove abitava un boss ‘ndranghetista e, per saperlo ha dovuto arrestarlo per favoreggiamento.
Al dr. G. Capaldo chiediamo:
Il titolo di questo libro equipara la ‘ndrangheta ad un male incurabile, ma secondo lei così come accade per la ricerca sul cancro, dal suo punto di vista viene investito abbastanza per sconfiggere questo male?
Quello che è importante non è tanto l’investimento economico, che c’è anche, ma in l’investimento in energie, sinergie e volontà di voler sconfiggere questo male.
Quindi si buon ben sperare?
Si, si assolutamente, si fa tutto il possibile perchè venga sconfitto.
Claudio Antonelli, coautore del libro ed ex carabiniere, chiediamo:

Quanto ha contribuito nell’inchiesta l’essere stato appartenente all’Arma e come ha vissuta questa inchiesta?
Io ho passato quattro anni nell’Arma e sento ancora la divisa, così ho capito che lo stesso metodo investigativo lo potevo applicare nel nuovo lavoro, quello del giornalista. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono messo in discussione, non dico di aver avuto paura, ma sentivo il dovere di portare avanti la denuncia di G. Di Bella. Credo che bisogna mettere passione ed intelligenza nel proprio lavoro per poter intuire, con anni di anticipo l’evoluzione della società.
Gianluigi Nuzzi, alla domanda cosa si evidenzia in questo libro ha risposto:
“Chiaramente si evidenzia quella zona grigia del mondo politico e imprenditoriale che è l’anticamera dell’omertà, come l’anticamera della complicità che spieghiamo nell’ultimo capitolo, insomma per sconfiggere la ‘ndrangheta servono le stesse forze messe in campo per sconfiggere il terrorismo Internazionale, quindi un intelligence e poi uomini e mezzi per sgominare il fenomeno criminale in ogni ambiente in cui si radica”. Poi Nuzzi continua:
“Mi ha colpito molto la storia del ragioniere di Valmadrera – ha aggiunto – a cui venne ‘espropriata’ la sua casa, dopo averlo appeso a testa in giù sulle sponde del lago lombardo, semplicemente perché quella villa piaceva all’amico del boss.”
Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, considerato attendibile da molti processi, ci viene descritto come la ’ndrangheta avesse le mani sugli affari del Nord. Quindi ci spiega, con dovizia di particolari, come sia stata facilitata la scalata del boss calabrese in Padania. Nel libro si trovano anche quattro delitti irrisolti, i presunti rapporti tra Giulio Andreotti e Brusca, la morte di Gianni Versace e i presunti contatti tra i capi clan e il fratello Santo.
Vale la pena di ricordare che Di Bella, gia’ testimone in diversi processi, come più volte ribadito dai due magistrati relatori e dagli stessi autori del libro inchiesta pagherà in prima persona per le sue dichiarazioni, nelle quali si autodenuncia.

(fonte: IlDemocratico)