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mercoledì 28 dicembre 2011

Monica Rizzi, l’assessore psicologo. Anzi no



L’assessore regionale della Lombardia Monica Rizzi probabilmente avrà sorriso leggendo del ministro tedesco Guttenberg, che si è dimesso perché accusato di plagio: avrebbe copiato la tesi con cui ha ottenuto il dottorato di ricerca. Cosa avrà pensato Monica Rizzi? Lei che, secondo la denuncia dell’ordine degli psicologi che ha portato all’apertura di un fascicolo in procura a Milano, per anni ha partecipato a convegni e accettato consulenze in veste di psicanalista? Quando è stata “scoperta” ha cancellato dal suo sito il curriculum medico, sino ad allora costantemente aggiornato. Il problema per Monica Rizzi non è stato valutare se dimettersi o meno ma come poter comunque approdare in consiglio regionale. Così è stato. Diventando assessore allo sport. I meriti? Anche quello di aver seguito, cresciuto, guidato per mano Renzo Bossi alla sua prima campagna elettorale a Brescia.

A smascherare Monica Rizzi, lo scorso maggio, era stato il Fatto Quotidiano. Raccontando che nel curriculum dell’allora candidata alle regionali figurava il titolo di “psicologa e psicoterapeuta infantile”. Specializzata nel recupero dei bambini vittime di abusi. Rizzi dichiarava di aver lavorato “per una decina d’anni nel campo specifico del recupero dei minori abusati”. E risulta che abbia addirittura collaborato con il Tribunale dei minori di Brescia. E qui cominciano i guai. Perché il suo nome, nell’albo regionale dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, non c’è; e non c’è in nessun albo d’Italia. Non è solo un problema formale: perché per dirsi psicologi è necessario avere una laurea, aver fatto un anno di tirocinio, aver superato l’esame di Stato e quindi essere iscritti all’Ordine. Altrimenti, esercitare la professione di psicologo, o anche solo fregiarsi di quel titolo, è un reato penale. Roba da procura della Repubblica. Come dirsi medico senza averne i titoli. E infatti la Procura di Milano, su esposto dell’ordine lombardo, ha aperto un’indagine a carico dell’assessore. Che non sembra preoccuparsene. Non come il ministro tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg.

Il barone bavarese di 39 anni si è dimesso perché accusato di plagio: avrebbe copiato il settanta per cento della tesi con cui ha ottenuto un dottorato di ricerca dall’università di Bayreuth. Lui ha immediatamente rinunciato a usare il titolo di dottore e l’ateneo ha ritirato il PhD che Guttenberg aveva conseguito nel 2007. Due giorni fa, infine, quello che era tra i più apprezzati ministri del gabinetto di Angela Merkel, ha rassegnato le proprie dimissioni. Con queste parole: “È la decisione più dolorosa della mia vita ma è mio dovere fare questo passo. È un diritto dei cittadini, e in particolare dei soldati che rischiano la vita per compiere il proprio compito, avere piena fiducia in chi ha le massime responsabilità politiche. Quando questa fiducia si incrina a un ministro della Difesa non resta che dimettersi”.

Monica Rizzi del resto non è un ministro. E’ “solo” un assessore (dodicimila euro al mese più varie ed eventuali) della Regione Lombardia. Posto conquistato sul campo aiutando il Trota. Il rapporto di “piena fiducia”  con la Lega è stato onorato: Renzo Bossi è stato eletto a Brescia anche grazie al suo aiuto. La laurea in psicologia? Chi ne parla viene querelato. Come l’ex portavoce Marco Marsili. Rimosso dopo aver pubblicato un libro dedicato al caso Ruby, si è scagliato contro l’assessore dicendo che dovrebbe “preoccuparsi dell’indagine della Procura della Repubblica di Brescia circa la sua laurea in psicologia”. Rizzi ha dato mandato al suo legale per querelare Marsili.  L’avvocato Alessandro Diddi sostiene che non ci sono guai in arrivo per Rizzi anche se l’assessore effettivamente non è laureato. “C’è un tale, infatti, il quale, ipotizzando che l’assessore avrebbe qualcosa da temere in relazione alla sua ‘laurea’ in psicologia preannuncia imminenti guai giudiziari nei confronti dell’assessore Rizzi. L’assessore Rizzi – chiarisce il legale – non ha alcuna laurea in psicologia e, dunque, non ha da temere per titoli che non ha mai conseguito e nemmeno mai esibito. Non ha da temere alcuna indagine perché non le consta che la stessa sia esistente e, anche lo fosse, sarebbe pronta in ogni momento a spiegare con serenità qualunque contestazione”. Insomma, in Germania per un presunto plagio un ministro si dimette, in Padania per una laurea finta un assessore querela.

venerdì 23 dicembre 2011

Caso «esami comprati», si dimette il fratello di Angelino Alfano


TRAPANI - Il segretario generale della Camera di Commercio di Trapani, Alessandro Alfano, fratello del segretario del Pdl Angelino, si è dimesso da segretario dell'ente. Ieri gli agenti della sezione reati contro la pubblica amministrazione della squadra mobile di Palermo avevano sequestrato documenti e il fascicolo del concorso da lui vinto nell'ambito dell'inchiesta palermitana su una presunta compravendita di esami nell'ateneo. Nel registro degli indagati ci sono 30 persone. 

LE DIMISSIONI - «Le mie dimissioni sono un atto di rispetto nei confronti di chi indaga - dice Alessandro Alfano - e della Camera di commercio di Trapani affinchè questa vicenda non abbia ripercussioni sull'attività svolta dallo stesso ente. Ho svolto questo incarico con passione e devozione, ma non voglio che questa vicenda si possa prestare a strumentalizzazioni politiche e pertanto ho deciso di dimettermi. Ribadisco di aver regolarmente sostenuto gli esami all'università oggetto di verifica e a tal riguardo sono pronto a dare tutte le spiegazioni necessarie alla magistratura». 

(fonte: Corriere della Sera)

Esami comprati all'Università: trenta indagati. C'è anche il fratello di Alfano


PALERMO - Trenta ex studenti avrebbero conseguito esami all'università senza particolari sacrifici, almeno dal punto di vista delle ore trascorse sui libri a studiare. Lo scotto da pagare era infatti tutto economico: un esame di Economia costava tremila euro, per Scienze Politiche i prezzi scendevano a meno di mille euro. Tra i trenta studenti indagati sul «giro di esami comprati», come riportano alcuni organi di stampa, c'è anche Alessandro Alfano, fratello dell'ex ministro della giustizia Angelino.

ALFANO JR INDAGATO - La Procura di Palermo gli ha infatti notificato un avviso di proroga delle indagini. Alfano jr è indagato per concorso in frode informatica. I suoi legali, gli avvocati Grazia Volo e Nino Caleca, smentiscono ogni coinvolgimento: «Il nostro assistito ha effettuato regolarmente tutti gli esami, lo dimostreremo». Alessandro Alfano si è laureato nel 2009, a 34 anni, in Economia, dall'anno scorso è segretario generale della Camera di Commercio di Trapani. Nel 2006, quando ancora studiava, era già stato nominato segretario generale di Unioncamere Sicilia. I dettagli dell'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Amelia Luise e Sergio Demontis, restano ancora coperti dal segreto istruttorio.

LA DENUNCIA DEL RETTORE NEL 2010 - Secondo i magistrati alcuni studenti, con l'aiuto di dipendenti infedeli degli uffici amministrativi, avrebbero fatto figurare nel loro libretto universitario esami in realtà mai sostenuti. La vicenda venne alla luce nel settembre del 2010 in seguito a una denuncia del rettore Roberto Lagalla che segnalò il caso di una laureanda scoperta poco prima della discussione della tesi: controlli incrociati evidenziarono infatti che la studentessa non aveva superato alcuni esami. Le indagini si concentrarono soprattutto sulla facoltà di Economia e Commercio. Un'impiegata era stata immediatamente licenziata, altri due sospesi. Adesso sono emersi i nomi di tutti gli indagati compreso quello di Alessandro Alfano. 

(fonte: Corriere della Sera)

lunedì 5 dicembre 2011

Lacrime da coccodrillo


Dunque, i Monti hanno partorito i topolini. Nelle direzioni che, essendo facilmente prevedibili, erano state facilmente previste: da questo blog, in particolare. La signora Fornero si è commossa, all’annuncio della fine dell’adeguamento delle pensioni all’aumento del costo della vita: cioè, a una loro sostanziale diminuzione. Ovviamente, erano lacrime di gioia, visto che le misure di contenimento delle pensioni sono la sua specialità, e che lei è stata chiamata al ministero delle sedicenti Politiche Sociali proprio per farle passare dalla teoria universitaria alla pratica governativa. Il signor Monti, coerentemente, ha sorriso quando è intervenuto al posto del ministro, per permetterle di riaversi dall’emozione. Mentre c’era, ha fatto pure un po’ di populismo ad uso del popolo bue, annunciando di rinunciare allo stipendio da presidente del Consiglio e da ministro dell’Economia. Ma non, ovviamente, al vitalizio preventivo che gli è stato elargito da Napolitano, con la sua nomina a senatore a vita, appunto. L’una e l’altro sarebbero risultati più credibili se, ad esempio, avessero annunciato non un innalzamento dell’età pensionabile di coloro che hanno maturato la pensione lavorando, bensì un abbassamento delle pensioni di coloro che le ricevono in misura superiore a quanto hanno maturato. Ad esempio, i lavoratori autonomi, il cui prelievo è inferiore del 12 per cento a quello dei lavoratori dipendenti (21 per cento, rispetto al 33). Oppure, se avessero annunciato non un gesto simbolico di rinuncia per i ministri a un cumulo di stipendi, che nel caso di Monti sarebbero stati addirittura tre, bensì la proibizione di questo cumulo a tutti i livelli di cariche pubbliche: non solo statali, ma anche, e soprattutto, regionali, provinciali e comunali. Di riforme strutturali serie, nella legge “salva Stato” e “spremi cittadino”, non se ne vedono. In particolare, nessun tentativo di recupero dei 100 miliardi stimati di evasione fiscale: una cifra che ogni anno supera l’insieme di tutte le manovre del corrente annus horribilis. Nessun cenno a una patrimoniale, che colpisca almeno le proprietà di coloro che non denunciano i redditi. Al loro posto, solo specchietti per allodole: ad esempio, il buffetto (o la buffonata) dell’uno e mezzo per cento sul condono per il rientro dei capitali all’estero; o la tassa sulle auto di lusso e le barche, già imposta senza effetto dai governi democristiani decine di anni fa. Ben reali e concreti sono invece il ritorno dell’Ici sulla prima casa, l’aumento delle imposte comunali e l’aumento dell’Iva, da una parte. E le esenzioni alle imprese e gli incentivi allo sviluppo, dall’altra. Non c’è da stupirsi che i sindacati siano contrari, e la Confindustria, il Pdl e gli speculatori della borsa favorevoli. Quanto al Pd, nemmeno coloro che hanno le lacrime facili, come la signora Fornero, riuscirebbero ormai a trovarne per piangere sulla sua ignavia, probabile prodromo della sua scomparsa nel cestino dei rifiuti della storia italica.