DEBITO PUBBLICO

RAPPORTO DEBITO/PIL

venerdì 29 aprile 2011

Una profezia. Che nesso c'è tra il decadimento dell'istruzione e la riduzione inavvertita degli spazi di democrazia?


"Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato sotto il fascismo. [...] L'altro è il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. E allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico" Piero Calamandrei

Risponde Umberto Galimberti

Il lettore Nino Gernone (ninorochan@yahoo.it) che ringrazio, mi ha fatto pervenire questo brano di Piero Calamandrei tratto dal suo Discorso pronunciato al 3 Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma l'11 febbraio 1950. Sono passati sessant'anni e questo discorso sembra una profezia che rende evidente il fatto che mai è scongiurato il pericolo di passare da un "totalitarismo aperto e confessato" a un "totalitarismo subdolo, indiretto e torbido". Continuiamo a ritenerci un paese democratico probabilmente perché siamo liberi di votare ma, come ci ricorda Giovanni Sartori, le elezioni sono solo un dei tanti modi possibili di eleggere i capi, la democrazia è ben altro. È innanzitutto scuola e istruzione, perché quando il popolo diventa gregge, ce lo ricorda Nietzsche, "altro non desidera che l'animale capo". Uno dei modi per desensibilizzare un popolo al bisogno di democrazia è impoverire la scuola, sottraendole i mezzi finanziari necessari per compiere quel lavoro fondamentale che è l'educazione dei giovani. Ridurre il numero dei maestri e dei professori, aumentare il numero degli studenti nelle classi significa semplicemente rendere impossibile qualsiasi processo di istruzione e di educazione, e trasformare la scuola in un semplice parcheggio di ragazzi a tutt'altro interessati, che si fatica persino a tener disciplinati. Io non penso che ciò avvenga solo per ragioni finanziarie. In fondo un popolo incolto, o educato solo dalla televisione, è più facile da governare.

Comunicato Presidenza del Consiglio

Emblema della Repubblica
Governo Italiano
Presidenza del Consiglio dei Ministri

"In merito a quanto riportano erroneamente alcune agenzie di stampa, il Presidente Silvio Berlusconi si è ben guardato dall’esprimere un pronostico sullo scudetto al Milan anche per evidenti ragioni scaramantiche."

giovedì 28 aprile 2011

Deliri nucleari di un vecchio pazzo


Le parole pronunciate ieri da Berlusconi segnano il confine tra la fine della democrazia in Italia e la sua, pur fioca, sopravvivenza:

"Siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo. La moratoria è servita per avere il tempo che la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di 1-2 anni l'opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare L'accadimento giapponese a seguito anche di sondaggi che abitualmente facciamo ha spaventato ulteriormente i nostri cittadini, se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire". Il governo "responsabilmente ha ritenuto di introdurre questa moratoria per far sì che si chiarisca la situazione e che, magari, dopo un anno, forse due anni, si possa ritornare ad avere un'opinione pubblica consapevole della necessità di tornare all'energia nucleare, i molti contratti stipulati non vengono abrogati (tra EDF e Enel, ndr), stiamo continuando e decidendo di mandare avanti molti settori di questi contratti come quelli relativi alla formazione”.

In queste parole c'è il totale disprezzo del cittadino, della volontà popolare.
La Cassazione deve pronunciarsi sul referendum contro il nucleare. Il Governo ha ritirato la legge per la costruzione delle nuove centrali per riproporla tra un anno (parole pubbliche del capo del Governo) nella speranza che il disastro di Fukushima venga dimenticato. E', come capirebbe anche un bambino di cinque anni, una evidente presa per il culo. L'Ufficio centrale della Cassazione, presieduta da Capotosti, deve decidere se il referendum si terrà ugualmente. Se lo cancellerà sarà complice.

L'articolo 39 della legge 352/1970 prevede "se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l'Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso".

Qui, come è chiaro, non si vuole abrogare nulla, solo far passare il tempo. E' una tecnica mafiosa: "Quannu tira u ventu fatti canna!" (quando soffia il vento fatti canna) di un governo nuclearista e di un'opposizione collusa che ha Veronesi come testimonial (ex senatore del Pdmenoelle) e che ha fatto fallire l'accorpamento delle elezioni amministrative con i referendum con le sue assenze in aula (10 Pdmenolelle, 2 Idv). La Cassazione è di fronte a un bivio. O con i cittadini, o con un corruttore piduista e i suoi lacchè. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

(fonte: Beppe Grillo)

mercoledì 27 aprile 2011

Il populismo che si nutre di ignoranza

Il populismo che si nutre di ignoranza

di BARBARA SPINELLI

QUANDO Obama vinse le elezioni, nel 2008, furono molti a esser convinti che una grande trasformazione fosse possibile, che con lui avremmo cominciato a capire meglio, e ad affrontare, un malessere delle democrazie che non è solo economico. La convinzione era forte in America e in Europa, nelle sinistre e in numerosi liberali. La crisi finanziaria iniziata nel 2007 sembrava aver aperto gli occhi, preparandoli a riconoscere la verità: il capitalismo non falliva. Ma uno scandaloso squilibrio si era creato lungo i decenni fra Stato e mercato. Il primo si era ristretto, il secondo si era dilatato nel più caotico e iniquo dei modi. Lo Stato ne usciva spezzato, screditato: da ricostruire, come dopo una guerra mondiale.

Le parole di Obama sulla convivenza tra culture e sulla riforma sanitaria annunciavano proprio questo: il ritorno dello Stato, nella qualità di riordinatore di un mercato impazzito, di garante di un bene pubblico minacciato da interessi privati lungamente dediti alla cultura dell'illegalità. Non era un'opinione ma un fatto: senza l'intervento degli Stati, le economie occidentali sarebbero precipitate. Un'economia non governata non è in grado di preservare lo Stato sociale riadattandolo, di tenere in piedi l'idea di un bene pubblico che tassa i cittadini in cambio di scuole, ospedali, trasporti, acqua, aria pulita, pensioni per tutti.

Quel che sta accadendo oggi non smentisce i fatti. Li occulta, li nega, con il risultato che i cittadini si sentono abbandonati, increduli, assetati di autorità che semplifichino le cose con la potenza del vituperio. Intervenendo per sanare il mercato, Stati e governi hanno adottato misure forse corrette ma il momento della verità l'hanno mancato, con il consenso delle opposizioni. Hanno mancato di dire che al mondo di ieri non torneremo, e che gli sforzi fatti oggi daranno frutti lentamente, perché lenta e lunga è stata la malattia capitalista. Di qui il dilagare di populismi di destra, in Europa e America, e la forza ipnotica che essi esercitano sulle opinioni pubbliche.

Prima ancora che la crisi finanziaria divenisse visibile fu l'Italia a negare i fatti, con Berlusconi e Lega. L'Italia è stato il laboratorio di forze che ovunque, oggi, sono in ascesa: in Belgio il Vlaams Belang (Interesse fiammingo), in Olanda il partito anti-islamico di Geert Wilders, in Ungheria il Fidesz, in Francia il Fronte di Marine Le Pen, in Finlandia i Veri Finlandesi.

Il rifiuto dello straniero, la designazione dell'Islam come capro espiatorio, la chiusura delle frontiere mentali prima ancora che geografiche: i populismi odierni si riconoscono in tutto questo ma la xenofobia non è tutto, non spiega la natura profonda della loro seduzione. All'origine c'è una volontà ripetitiva, sistematica, di non sapere, non vedere la Grande Trasformazione in cui stiamo entrando comunque. C'è una strategia dell'ignoranza, come sostiene il professore di linguistica Robin Lakoff, un desiderio di fermare il tempo: "L'attrattiva dei populisti scaturisce da un affastellarsi di ignoranze: ignoranza della Costituzione, ignoranza dei benefici che nascono dall'unirsi in sindacato, ignoranza della scienza nel mondo moderno, ignoranza della propria ignoranza" (Huffington Post, 30 marzo 2011).

Il vero nemico dei nuovi populismi è la democrazia parlamentare, con il suo Stato sociale e la sua stampa indipendente. Di qui le incongrue ma efficaci offensive antistataliste contro Obama, nel preciso momento in cui l'economia ha più bisogno dello Stato. Di qui il diffuso fastidio per la stampa indipendente, quando più ci sarebbe bisogno di cittadini responsabili, quindi bene informati. A tutti costoro i populisti regalano illusioni, cioè il veleno stesso che quattro anni fa generò la crisi. Ai drogati si restituisce la droga. Cos'è d'altronde l'illusione, se non un gioco (un ludus) che dissolve la realtà nelle barzellette sconce quotidianamente distillate dal capo? Cos'è il fastidio per la stampa indipendente, se non strategia che azzera la conoscenza dei fatti? Meglio una barzelletta del potente che una notizia vera sul potente.

L'Italia è all'avanguardia anche in questo campo: la concentrazione dell'informazione televisiva nelle mani di uno solo è strumento principe dell'ignoranza militante, e distraente. In Ungheria l'odio per la stampa impregna il partito del premier Viktor Orbán: le nuove leggi varate dal governo prevedono un'autorità di controllo sui mezzi di comunicazione, composta di cinque esponenti nominati dal partito di maggioranza. All'autorità spetta di verificare se la stampa è "equilibrata e oggettiva", di decidere multe o chiusure di giornali o programmi tv, di imporre ai giornalisti la rivelazione delle fonti se sono in gioco "la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico".

Anche lo straniero come capro espiatorio è gioco d'illusione, feroce, con la realtà multietnica in cui già da tempo viviamo. Il fenomeno non è nuovo. Negli anni '20-'30, la Germania pre-nazista esaltò il Blut und Boden, il sangue e la terra, come fonte di legittimazione politica ben più forte della democrazia. Oggi lo slogan è imbellito - si parla di radicamento territoriale, davanti a una sinistra intimidita e plaudente - ma la sostanza non cambia. La brama di radici, ancora una volta, impedisce il camminare dell'uomo e lo sguardo oltre la propria persona, il proprio recinto. Consanguineità e territorio divengono fonti di legittimazione più forti della Resistenza.

Helsinki ladrona, Roma ladrona, Washington ladrona: si capisce da questo slogan (lo stesso in Finlandia, Italia, America) come l'anti-statalismo sia centrale. Come la xenofobia sia il sintomo più che la causa del male. Vedendo che la crisi perdura, le popolazioni hanno cominciato a nutrire un'avversione radicale verso l'idea stessa di uno spazio pubblico dove la collettività, tassandosi, difende i più deboli, i più esposti. I populisti non temono di contraddirsi, anzi. D'un sol fiato si dicono antistatalisti e promettono uno Stato controllore, tutore dell'etnia pura, normalizzatore delle coscienze e delle conoscenze.


I sondaggi sul successo del Tea Party, il movimento neoliberista Usa, lo confermano. La molla decisiva non è il razzismo: è il rigetto della riforma sanitaria di Obama, del principio dell'etica pubblica. L'etica pubblica mette tutti davanti alla stessa legge, perché nessun interesse privato abbia la meglio. Lo Stato etico dei populisti impone il volere del più forte: Chiesa, lobby, etnia. Lo chiamano valore supremo, non negoziabile. In realtà è puro volere: suprema volontà di potenza.

Come mai le cose sono andate così? Come mai Obama può perdere le elezioni? In parte perché i governi hanno sottovalutato l'enorme forza del risentimento. In parte perché non hanno spiegato quel che significa, nel mondo globalizzato, salvare il bene pubblico. Ma è soprattutto la verità che hanno mancato: sono quattro anni che descrivono la crisi come superabile presto, il tempo d'arrivare alle prossime elezioni. Obama stesso ha omesso di spiegarla nella sua lunga durata: come qualcosa che trasformerà le senescenti società occidentali, che le obbligherà a crescere meno e integrare giovani immigrati, se non vorranno scaricare i propri anziani come il vecchio capofamiglia sulla sedia a rotelle che i nazisti gettano dalla finestra nel Pianista di Polanski. Per paura elettorale i governanti celano la verità, e ora pagano il prezzo.

Anche l'Europa ha la sua parte di colpe. Gli strumenti li avrebbe: può usare l'articolo 7 del Trattato di Lisbona, contro le infrazioni antidemocratiche in Italia o Ungheria. Può costruire una politica dell'immigrazione, avendone ormai la competenza. Se non lo fa, è perché non guarda ad altro che ai parametri economici. Perché è indifferente all'ethos pubblico. Perché quando esercita un potere, subito se ne pente. Perché dimentica che anch'essa è nata nella Resistenza.

Nel momento in cui la sua fonte di legittimazione politica è usurpata (al posto della Resistenza: il radicamento territoriale) l'Europa ammutolisce. Ha vergogna perfino delle cose non sbagliate che ha fatto: del comportamento che ebbe nel 2000, ad esempio, quando i neofascisti di Haider divennero determinanti nelle elezioni austriache del '99. Non mancarono certo gli errori: troppo presto si usò l'arma ultima delle sanzioni, presto abbandonate. Ma anche se disordinatamente, l'Unione almeno reagì, s'inalberò. L'Austria fu costretta a riaprire ferite tenute nascoste, a discutere colpe sempre negate, e il suo volto cambiò. Se l'Unione è così invisa ai populismi vuol dire che potrebbe far molto, se solo lo volesse.

(fonte: Repubblica)

Gli animali di Fukushima


Gli animali di Fukushima sono rimasti all'interno della zona contaminata di 30 km. I loro padroni sono fuggiti. Tutti gli animali sono radioattivi, nessuno può più uscire dall'area. Tremila mucche, trentamila maiali, 600mila polli e un numero imprecisato di animali domestici. I cani sopravvissuti si avvicinano alle rare macchine autorizzate in cerca di cibo. Intorno a loro c'è un silenzio irreale e abitazioni abbandonate. Quasi tutto il pollame è morto. Le mucche e i vitelli, dove non vi sono fattorie con alimentatori automatici, sono morti di fame e di sete. Secondo le autorità giapponesi il 70% dei maiali e il 60% del bestiame è morto. I proprietari degli allevamenti hanno chiesto di portar fuori dal terreno radioattivo gli animali, o di entrare per praticare una forma di eutanasia. Le richieste sono state negate per la paura di contaminazione. Alcuni hanno ignorato il divieto e sono entrati nella zona proibita per portare in salvo i loro cani, condannando però anche sé stessi. L’acqua del mare a 30 chilometri dalla centrale nucleare ha una concentrazione di Iodio-131 di 88,5 becquerels per litro, il valore più alto registrato finora. La radioattività è 2,2 volte il limite massimo ammesso per le acque di scarico delle centrali nucleari. La fauna ittica presente nelle acque del Pacifico per decine di chilometri di fronte a Fukushima è contaminata. La radioattività si diffonderà in modo esponenziale quando le piccole prede saranno mangiate da altri pesci. Dovremo andare al supermercato con il contatore geiger. Ci abituereremo anche a questo.
Fukushima è una versione aggiornata della "Fattoria degli animali" di George Orwell dove però comandano, al posto dei maiali, i topi di fogna. Quelli che vivono lucrando sulla pelle degli altri, uomini o bestie non ha importanza. Che nascondono i rischi, che usano i media per accreditare le loro tesi, che espongono le generazioni future a un mondo desolato. I topi di fogna, quando l'aria si fa pesante, hanno l'abilità di nascondersi nel loro habitat naturale, le fogne per l'appunto. Spariscono dalla circolazione. Dove sono l'inconsapevole Scaiola, la Marcegaglia, il Fini delle centrali italiane di "ultimissima generazione", la Prestigiacomo, unico ministro dell'Ambiente nel mondo ad aver dichiarato dopo Fukushima che il nucleare andava avanti? Dove sono i ratti dell'atomo come Veronesi e Chicco Testa? Dove si è nascosto il pregiudicato Scaroni dell'ENI? Nuclearisti delle mie balle, dove siete? Se vi illudete che annullare il referendum, far passare un anno e poi fottere di nuovo gli italiani con il ritornello del nucleare vi sbagliate. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

(fonte: Beppe Grillo)

giovedì 21 aprile 2011

Per chi avesse ancora qualche dubbio: IL REFERENDUM SUL NUCLEARE C'E' ANCORA!! NON DECIDE IL GOVERNO, MA LA CORTE DI CASSAZIONE


Sara' l'ufficio centrale della Cassazione a decidere se, alla luce dell'emendamento presentato oggi dal governo, il referendum sul nucleare saltera' o se la consultazione si terra' ugualmente. La Suprema Corte – spiega il presidente emerito della Corte Costituzionale Piero Alberto Capotosti – dovra' infatti stabilire se l'abrogazione delle norme sulla realizzazione di nuovi impianti nucleari sia ''sufficiente nel senso richiesto dai promotori del referendum''. Il quesito promosso dall'Idv di Antonio di Pietro e' articolato e chiede la cancellazione di circa 70 norme contenute nei provvedimenti varati dal governo Berlusconi per il ritorno del nucleare in Italia. Nel caso in cui la Cassazione dovesse ritenere che l'emendamento del governo al decreto omnibus soddisfi solo parzialmente le richieste dei comitato promotore, la consultazione del 12 e 13 giugno si terrebbe lo stesso, anche se con un quesito ''ristretto'

Lettera dall' Italianistan


Vivo a Milano 2, in un quartiere costruito dal Presidente del Consiglio. Lavoro a Milano in un’azienda di cui è principale azionista il Presidente del Consiglio. Anche l'assicurazione dell'auto con cui mi reco a lavoro è del Presidente del Consiglio, come del Presidente del Consiglio è l'assicurazione che gestisce la mia previdenza integrativa. Mi fermo tutte le mattine a comprare il giornale di cui è proprietario il Presidente del Consiglio.
Quando devo andare in banca, vado in quella del Presidente del Consiglio.
Al pomeriggio, quando esco dal lavoro, vado a far la spesa in un ipermercato del Presidente del Consiglio, dove compro prodotti realizzati da aziende partecipate dal Presidente del Consiglio. 


Alla sera, se decido di andare al cinema, vado in una sala del circuito di proprietà del Presidente del Consiglio, e guardo un film prodotto e distribuito da una società del Presidente del Consiglio: questi film godono anche di finanziamenti pubblici elargiti dal governo presieduto dal Presidente del Consiglio.




se invece la sera rimango a casa, spesso guardo la TV del Presidente del Consiglio, con decoder prodotto da società del Presidente del Consiglio, dove i film realizzati da società del Presidente del Consiglio sono continuamente interrotti da spot realizzati dall'agenzia pubblicitaria del Presidente del Consiglio. Seguo molto il calcio, e faccio il tifo per la squadra di cui il Presidente del Consiglio è proprietario.
Quando non guardo la TV del Presidente del Consiglio guardo la RAI, i cui dirigenti sono stati nominati dai parlamentari che il Presidente del Consiglio ha fatto eleggere. Quando mi stufo navigo un po’ in internet, con provider del Presidente del Consiglio. Se però non ho proprio voglia di TV o di navigare in internet leggo un libro, la cui casa editrice è di proprietà del Presidente del Consiglio. Naturalmente, come in tutti i paesi democratici e liberali, anche in Italianistan è il Presidente del Consiglio che predispone le leggi che vengono approvate da un Parlamento dove molti dei deputati della maggioranza sono dipendenti ed avvocati del Presidente del Consiglio, che governa nel mio esclusivo interesse, per fortuna!

(fonte: Gaetano Amato)

Berlusconi e la Rai, la paura fa novanta


Finalmente una bella notizia dal fronte Rai: il direttore generale Mauro Masi ha comunicato che le reti e le testate del servizio pubblico non daranno più gli exit poll e, di conseguenza, non ci saranno i fili diretti. Saranno dunque compressi gli spazi di informazione, insomma, ci sarà, in quelle ore, un pò di oscuramento in più. Naturalmente si tratta di una delle tante notizie tragicomiche di questa stagione, l’ennesima conferma del ruolo da badante mediatica che si è autoassegnata la Rai, e bene ha fatto l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti, a bollare questa come una scelta censoria, un altro colpo mortale contro il servizio pubblico.

Eppure, non possiamo nascondere una certa irresponsabile soddisfazione perchè l’ultima volta che la Rai decise in questo senso fu nel 2005, quando, in previsione di una disfatta elettorale, la Rai del centro destra si autooscurò, spense i riflettori, nella speranza che, rotti i termometri, si fermasse anche la febbre. Insomma, l’autorete di Masi potrebbe persino essere un segnale benaugurale, una sorta di avviso ai naviganti, se fossimo in Berlusconi faremmo le corna, tanto è una delle poche cose che gli viene ancora bene…

Per quanto ci riguarda, invece, sarà bene raddoppiare gli sforzi per vincere le prossime elezioni anche e soprattutto a Milano, e per centrare il quorum ai referendum, nonostante l’imbroglio governativo sul nucleare che , tuttavia, è la migliore conferma dello stato di panico che ormai pervade il cavaliere e i suoi scudieri, dentro e fuori la Rai. Sarà davvero il caso di non mollare!

martedì 19 aprile 2011

La Bat-caverna


La batcaverna Eccola, la Bat-caverna. Altro che laboratorio. Altro che showroom. Il superloft di Gabriele Moratti in via Airaghi 30 a Milano non è più un immobile industriale (come imporrebbe la destinazione d’uso), né è mai stato uno spazio commerciale (come ha tentato di far credere il figlio del sindaco). È l’abitazione ultra-tecnologica del Morattino, con zone soggiorno, cucina, area party, camere padronali, camere per gli ospiti, servizi, giardino, piscina, palestra, poligono di tiro, parcheggio auto e ponte levatoio. Lo dimostra il video-documento che presentiamo: un “rendering”, come dicono gli architetti, cioè una presentazione di Casa Moratti a fine lavori.

Un abuso edilizio è sempre un abuso. Ma se a commetterlo è il figlio del sindaco, allora diventa anche un problema politico. Soprattutto se il primo cittadino prima nega, poi minimizza, infine scarica tutto sul figlio, come se non ne sapesse niente. “Sono stata a casa di mio figlio solo un paio di volte”: così è sfuggito a Letizia Moratti, che si è subito corretta: “Nell’immobile di mio figlio”. In realtà c’è andata più volte. Non solo: l’ha frequentata anche durante i lavori di ristrutturazione. A fine 2009, andava nella casa del figlio a fare il bagno in piscina, perché l’acqua della Bat-caverna è salina e dunque faceva molto bene a un suo polso dolorante. Allora la palazzina era ancora un cantiere ma, quando arrivava l’auto blu del sindaco, i 15 operai uscivano e, per un paio d’ore, lasciavano tranquilla Lady Letizia. A mollo nella Bat-piscina.


L’abuso edilizio, naturalmente, avrebbe dovuto rimanere segreto. Invece è emerso perché l’azienda che ha realizzato una parte dei lavori, la Hilite, ha avviato una causa civile nei confronti di Gabriele Moratti il quale, insoddisfatto dei lavori, si era rifiutato di pagare il conto. È poi seguita un’indagine penale sugli eventuali reati urbanistici, avviata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che in questa vicenda si è assunto il ruolo del Joker e ha chiesto l’azzeramento delle opere ritenute abusive, fino a ripristinare la situazione iniziale del capannone di via Airaghi.

Il titolare della Hilite, Matteo Pavanello, aveva ricevuto da Gabriele Moratti due incarichi: per 380 mila euro attraverso la società Brera 30 e per 250 mila euro attraverso Hilite. Ha ricevuto solo una parte dei pagamenti, attraverso due assegni firmati da Gianmarco Moratti, padre di Gabriele e marito di Letizia. Il valore totale dei lavori della Bat-caverna, dalle opere in muratura agli interventi tecnologici fino agli arredi, si aggira attorno ai 4 milioni di euro.

lunedì 18 aprile 2011

La lettera del Capo dello Stato a Vietti


ROMA - Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato al Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Michele Vietti, la seguente lettera, resa nota dall'Ufficio Stampa del Quirinale: "Il prossimo 9 maggio si celebrerà al Quirinale il Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. Quest'anno, il nostro omaggio sarà reso in particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane. Tra loro, si collocano in primo luogo i dieci magistrati che, per difendere la legalità democratica, sono caduti per mano delle Brigate Rosse e di altre formazioni terroristiche. Le sarò perciò grato se - a mio nome - vorrà invitare alla cerimonia i famigliari dei magistrati uccisi e, assieme, i presidenti e i procuratori generali delle Corti di Appello di Genova, Milano, Salerno e Roma, vertici distrettuali degli uffici presso i quali prestavano la loro opera Emilio Alessandrini, Mario Amato, Fedele Calvosa, Francesco Coco, Guido Galli, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione".

"La scelta che oggi annunciamo per il prossimo Giorno della Memoria costituisce anche una risposta all'ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano con la sigla di una cosiddetta "Associazione dalla parte della democrazia", per dichiarata iniziativa di un candidato alle imminenti elezioni comunali nel capoluogo lombardo. Quel
manifesto rappresenta, infatti, innanzitutto una intollerabile offesa alla memoria di tutte le vittime delle BR, magistrati e non. Essa indica, inoltre, come nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, e in particolare nelle polemiche sull' amministrazione della giustizia, si stia toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni. Di qui il mio costante richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti".

(fonte: Repubblica)

Fermare processo breve: appello di Flores D’Arcais, Camilleri, Hack e altri...




Ci sarebbe un modo molto semplice per fermare la legge sul processo breve, basterebbe che tutti i deputati e i senatori del PD e dell’IDV si dimettessero in blocco. A questo punto Napolitano sarebbe costretto a sciogliere le Camere. È la soluzione proposta da Flores D’Arcais, Camilleri, Hack e altri che però l’opposizione si rifiuta di prendere in considerazione. La poltrona si sa vale soldi. La democrazia solo chiacchiere e ostruzionismo inutile.



Si può indicare questa via sulle pagine Facebook di tutti i politici di maggiore spessore dei partiti di opposizione e dei due principali quotidiani italiani con il seguente appello ed il link di questo evento, magari coinvolgendo anche il IL POPOLO VIOLA
.

Gli indirizzi FB sono risportati in in fondo.

Ecco il messaggio:

Fermare la legge sul processo breve? Si può.

http://www.facebook.com/home.php#!/event.php?eid=108196145931027&index=1

Deputati e senatori dell’opposizione, dimettetevi in massa.

Contro Berlusconi e i suoi bravi non serve l’ostruzionismo. Servono i fatti. Se avete davvero a cuore la difesa dei principi e dei valori democratici sanciti dalla costituzione, bloccate la legge sul processo breve nell’unico modo possibile: dimettendovi in massa. In questo modo metterete il Presidente della Repubblica nelle condizioni di dover sciogliere le Camere.

Se lo farete avrete il nostro voto per ricostruire il Paese che questo governo sta riducendo allo sfascio. Se non lo fate significherà che abbiamo dato il nostro voto a persone che non condividono i nostri valori, i nostri principi e le nostre battaglie. Uno sbaglio che non ripeteremo.

Dimettendovi contribuirete a salvare la democrazia e il diritto alla giustizia nel nostro paese. Se non lo fate, vi renderete invece moralmente complici di questo governo.

Pagina FB di Di Pietro http://www.facebook.com/antoniodipietro

Pagina FB di Bersani http://www.facebook.com/pages/Pierluigi-Bersani-Pagina-Ufficiale/127457477096

Pagina FB dell’IDV http://www.facebook.com/pages/Italia-dei-Valori-pagina-ufficiale/127857523933238

Pagina FB del PD http://www.facebook.com/partitodemocratico.it

Pagina FB di Rosy Bindi
http://www.facebook.com/?sk=messages&tid=2004629634571#!/rosybindi

Pagina FB di Dario Franceschini
http://www.facebook.com/paginaDarioFranceschini

Pagina FB di Repubblica http://www.facebook.com/Repubblica

Pagina FB del Corriere della sera http://www.facebook.com/corrieredellasera

(fonte: facebook)

Pisapia: «Moratti in caduta e Silvio cerca la rissa»


di Rinaldo Gianola

Giuliano Pisapia, candidato sindaco del centrosinistra a Milano, ha passato un’altra domenica piena di iniziative elettorali. A tarda sera commenta l’offensiva di Silvio Berlusconi in città per sostenere Letizia Moratti: «Non mi sorprendono le parole e i toni del presidente del Consiglio, è consapevole del fatto che il sindaco Moratti si trova in gravi difficoltà, che l’elettorato moderato è stanco della propaganda e vorrebbe risolvere i problemi».

Pisapia, cosa ha in mente Berlusconi quando dice che le elezioni amministrative a Milano sono elezioni nazionali? «Berlusconi vuole radicalizzare il dibattito politico e il voto a Milano, cerca la rissa, perché sa benissimo che questa volta può perdere la città, quella che considera la sua capitale, dopo oltre vent’anni di governo. Il premier usa il solito sistema di quando è in difficoltà: vuole che il voto diventi un referendum sulla sua persona e per questo si candida come capolista al comune di Milano, anche se poi non si farà mai vedere come è già successo in passato. Gli attacchi alla magistratura, i toni sempre più aspri contro gli ex alleati, la minaccia di stravolgere la Costituzione sono le armi che Berlusconi mette in campo quando vuole dare battaglia, vuole avvelenare il clima usando tutti i sistemi poco commendevoli che conosciamo. Ma oggi sa benissimo che i suoi stessi elettori non ne possono più di questa politica urlata ed estremista».

È sicuro che gli elettori di centrodestra volteranno le spalle a Berlusconi e alla Moratti? «Oggi la destra a Milano è consapevole che può perdere e io dico che questo sarà il risultato finale. C’è un profondo malessere in giro per la città, soprattutto tra gli elettori moderati che attendono di veder risolti i problemi. Noi offriamo soluzioni alle questioni della città, vogliamo fare una campagna elettorale sui temi amministrativi e non sul quadro politico di Roma. Se la Moratti esce sconfitta dal voto, se Berlusconi perde il controllo di Milano, le conseguenze politiche saranno enormi, ci sarà una frana. Pensi solo alle trame degli interessi e degli affari che fanno capo al mondo berlusconiano, pensi agli equilibri nel pdl già minacciati da diaspore, litigi, provvisorie ricomposizioni e poi altre rotture»


Che cosa sente nei suoi giri elettorali in città? Cosa chiedono i cittadini? «La gente vuole risposte. La nostra città ha molte risorse, può contare sul valore del suo tessuto imprenditoriale, culturale, sociale, sul mondo del lavoro, ma la crisi si è fatta sentire, è dura. Oggi 71 milanesi su 100 dicono che la loro vita è peggiorata negli ultimi cinque anni e in particolare nell’ultimo anno. Emerge una critica forte e severa a chi ha amministrato Milano, c’è una crescente sfiducia verso il sindaco Moratti e i suoi alleati».

Anche altre volte sembrava che la destra fosse messa male, ma alla fine ha sempre recuperato... «Il gioco duro di Berlusconi serve a questo, a tentare il recupero. Ma, dalla parte nostra, io vedo una mobilitazione davvero sorprendente, di famiglie, donne e uomini, giovani e anziani che dentro e fuori i partiti si stanno dando da fare. Sono nati centinaia di comitati autonomi a sostegno della mia candidatura, si è formato un grande gruppo “Giovani per Pisapia” fatto da giovani che vogliono portare al voto quelli distanti dalla politica. C’è una creatività, una passione, una volontà che davvero mi fanno ben sperare. Sono sempre stato abituato per il mio lavoro e il mio impegno sociale a girare nelle periferie, nei luoghi dimenticati, ma oggi vedo un coinvolgimento convinto dei cittadini, che chiedono risposte per la casa, il lavoro, i servizi, l’assistenza».

La sua candidatura è nata fuori dai partiti, adesso come sta la sua alleanza? «Sta benissimo, c’è un forte impegno unitario da parte di tutti i partiti, a partire dal pd, per vincere questa bella partita elettorale. Uno dei fattori più importanti della mia candidatura è che si è creata sulle cose concrete una vera coesione politica e programmatica. Voglio parlare a tutti, ieri abbiamo fatto un incontro molto bello con Rosy Bindi e il mondo cattolico. Giovedì verrà a Milano il presidente della provincia di Roma, Zingaretti. Poi parteciperò all’attivo dei delegati della Cgil con Susanna Camusso».

Quanti soldi spende per la campagna elettorale? «800mila euro e niente di più. Invece il sindaco Moratti non sa ancora se spenderà 5 o 6 milioni, o forse molto di più. Lo dirà alla fine, dopo il voto. E pensare che il comune chiede la presentazione del bilancio preventivo insieme alle liste elettorali. Noi l’abbiamo fatto, la Moratti no».

(fonte: L'Unità)

martedì 12 aprile 2011

Umore nero....

La Moratti e Formigoni imparano da Silvio: 30 euro per applaudire il sindaco e il governatore


«Ho ricevuto una mail da questa agenzia per cui ogni tanto lavoro. Una mail in cui mi si chiedeva di partecipare a un convegno che si sarebbe tenuto sabato 9 aprile in via Romagnosi. Compenso netto: 3o euro». Il presunto “figurante” si è autodenunciato davanti alle telecamere dell’Infedele nella puntata andata in onda ieri sera, e la vicenda la riporta il Corriere della Sera nella sua edizione milanese:

La sala da riempire era quella della Fondazione Cariplo, in via Romagnosi appunto, mentre il titolo del convegno in questione suonava così: «Più grande Milano più grande l’Italia». Tra i relatori, oltre a Letizia Moratti, il governatore Roberto Formigoni, il coordinatore regionale del Pdl, Mario Mantovani, e il presidente della Cdo, Massimo Ferlini. Sala gremita. Anche di giovani. «Nella mail — dice il ragazzo intervistato da LA7 — c’era scritto che sarebbero state necessarie un centinaio di persone. Immagino che molti altri ragazzi di cui questa azienda ha il curriculum non si siano fatti molti scrupoli ad andare, perché comunque anche il compenso di 3o euro può fare comodo, per non fare praticamente nulla». A margine del convegno, l’inviata dell’Infedele aveva già chiesto chiarimenti alla Moratti: «Sindaco, le chiedo di commentarmi la presenza in sala di un centinaio di giovani pagati 3o euro per assistere a questo dibattito». Letizia Moratti aveva risposto: «Ma io ho visto una sala piena, soprattutto ho ascoltato relazioni di grande valore per progettare il futuro della città». Poi, di fronte a una seconda domanda sul tema, la Moratti se ne era andata. Un uditorio di figuranti? Secondo la versione di diversi esponenti del Pdl, la platea era in realtà gremita di numerosi giovani di Cl.

E’ più cool un figurante a 30 euro o un simpatizzante di CL?

lunedì 11 aprile 2011

Masi contro i talk sgraditi alla destra. A rischio Fazio, Floris e Gabanelli


di LEANDRO PALESTINI

I consiglieri d'opposizione: una precisa strategia politica nei confronti di programmi molto redditizi. Il dg ha respinto la proposta di far proseguire Ballarò fino a tutto luglio. Corsie preferenziali invece per gli ingaggi di Ferrara e Sgarbi

ROMA - La politica strangola la Rai. Pur di penalizzare Rai3, rete poco amata dal premier, viale Mazzini non avvia le trattative per rinnovare i contratti a Fabio Fazio, Giovanni Floris e Milena Gabanelli: in scadenza tra i mesi di giugno e agosto. Mentre il direttore generale Mauro Masi apre corsie preferenziali per Giuliano Ferrara (ingaggio-blitz per "Radio Londra") e Vittorio Sgarbi (da fine aprile con "Al di là del bene e del male": 200 mila euro lorde a puntata a Sgarbi) per alcuni conduttori la Rai è matrigna (Michele Santoro viene "tollerato" per gli ascolti, ma pur sempre osteggiato). A maggio la Sipra, concessionaria della pubblicità Rai, dovrà presentare agli inserzionisti pubblicitari i suoi gioielli tv, i programmi della stagione autunno-inverno: ma ad oggi Masi non prende decisioni, rischia di sfasciare programmi di Rai3 che (piacciano o no a Berlusconi) portano milioni di euro alle casse del servizio pubblico. Poche settimane fa il quotidiano online Lettera 43 riportò voci (mai smentite) di un piano per escludere dal palinsesto autunnale "Report", "Che tempo che fa" (con annesso "Vieni via con me di Saviano") e "Parla con me" della Dandini (la cui conferma dipende dal rinnovo contrattuale tra la Rai e la società Fandango). Per alcuni di loro sarebbero già in corso dei contatti con La 7 e Sky.

Si vuole disperdere un patrimonio aziendale? I consiglieri di minoranza Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten, dicono che i programmi di Rai3 sono convenienti per l'azienda: il costo di produzione di "Ballarò" (33 puntate) è di 3 milioni e 500 mila euro, ma ricava 8 milioni in pubblicità; "Che tempo che fa" costa 10 milioni e 400 mila euro (66 puntate) e incassa 17 milioni e 600 mila euro; "Report" costa 2 milioni e 200 mila euro (20 puntate) e attira spot pubblicitari per 4 milioni e 100 mila euro. Mentre il ministro Brunetta realizza il suo sogno di vedere pubblicati i compensi dei conduttori (in un sito Rai) c'è chi fa notare che c'è un valore aggiunto dei conduttori. Masi ha problemi di budget, la Rai chiude l'anno con un rosso di 120 milioni, è suo compito fare trattative (anche serrate) per i rinnovi contrattuali. Ma poi risparmia sui compensi agli artisti sgraditi, fino al paradosso Vauro: la Rai non lo paga un solo euro per "Annozero" ma le sue vignette fanno ridere pure gli ospiti di Lega e Pdl.

Fazio, Floris e Gabanelli passeranno a tv concorrenti? A un ospite che gli chiedeva se poteva tornare a gennaio. Gli ha risposto "non so se "Che tempo che fa" andrà in onda..." si è lasciato scappare Fabio Fazio, in diretta tv, pochi giorni fa. Eppure Fazio ha una platea in crescita, la media degli spettatori è passata da 3 milioni 208mila (12.65% di share) a 3 milioni 426mila (12.93% di share), il Qualitel gli assegna 69 punti. Giovanni Floris, insieme al direttore di rete, Paolo Ruffini, chiede a Masi di non chiudere "Ballarò" a giugno, ma di proseguire fino a tutto luglio: risposta negativa. Eppure l'abbonato Rai ha gradito "Ballarò": l'anno scorso aveva 3 milioni 961mila spettatori medi (15.54% di share) quest'anno l'audience media è di 4milioni 507mila fan (16.64% di share). Ed è in forte crescita il pubblico domenicale di "Report": dai 2milioni 976mila spettatori dell'anno scorso (12.35% di share), Gabanelli è passata ai 3milioni 602mila (13.89% di share) di questa edizione. (10 aprile 2011)

(fonte: Repubblica)

Quando ce vo', ce vo'. Grazie Tomassini.


(fonte: Tomas)

domenica 10 aprile 2011

Intanto,però...


Gli ultimi sondaggi (7 aprile) dicono: centrodestra tra il 39 per cento (Marketing management) e il 41,1 (Crespi); centrosinistra tra il 42,8 (Crespi) e il 44,5 (Marketing management).
Il Pdl sarebbe al 27,5-28: minimo storico di ogni rilevazione, sette punti in meno rispetto al 2009 e dieci in meno rispetto al 2008 (mai nessun partito in Italia aveva perso un elettore su quattro in meno di tre anni).
La fiducia personale in Berlusconi è al 30 secondo Crespi, che un anno fa lo dava quasi al 60.
Ci credo che compra i Responsabili uno a uno: e qui si scommette su un anno di attacchi forsennati alla legge sulla par condicio

ECCO COME FARE RESISTENZA OGGI

di CHRIS HEDGES (truthdig.com)

La frase il consenso dei governati è diventata una battuta crudele. Non c'è alcun modo di votare contro gli interessi della Goldman Sachs. La Disobbedienza Civile è l’unico strumento che ci è rimasto.

Non riusciremo a fermare i licenziamenti di insegnanti e di altri impiegati pubblici, l’eliminazione dei sussidi ai disoccupati, la chiusura delle biblioteche, la riduzione dei prestiti agli studenti, i pignoramenti, la dissoluzione dell’educazione pubblica e dei programmi per l’infanzia o lo smantellamento dei servizi sociali essenziali come il sussidio per il riscaldamento agli anziani, finché non decideremo di operare continui atti di disobbedienza civile contro le istituzioni finanziarie responsabili della nostra tragedia.

Le banche e Wall Street, che hanno creato lo stato corporativo che ubbidisce ai loro interessi a nostre spese, hanno causato la crisi finanziaria. I banchieri e i loro lobbisti hanno creato paradisi fiscali che contano per circa un trilione di dollari in tasse non versate ogni decennio. Hanno riscritto le leggi tributarie in modo che le corporations più produttive del paese, inclusa la Bank of America, potessero evitare di pagare del tutto le tasse federali. Hanno preso parte a una truffa e a un inganno che ha spazzato circa 40 trilioni di dollari di ricchezza globale. Le banche dovrebbero essere obbligate a pagare per il crollo finanziario. Non noi. Per questo motivo, il prossimo 15 aprile alle 11 parteciperò alla manifestazione in Union-Square a New York, di fronte alla Bank of America.

“La politica non ha più senso” mi dice Kevin Zeese, direttore di Prosperity Agenda e co-organizzatore della manifestazione del 15 aprile. “L’economia è controllata da una ristretta élite economica. Gli americani non hanno nessuno che si curi dei loro bisogni. L’unico modo per cambiare tutto questo è di dare il potere a una cultura di resistenza. Questo sarà il primo di una serie di eventi che organizzeremo per aiutare la gente a riprendere il controllo della propria vita economica e politica”.

Se fate parte del 16% di disoccupati di questo paese (1/6), se siete tra i 6 milioni di persone che hanno perso la casa perché la banca se ne è riappropriata, se siete tra le molte centinaia di migliaia di persone che sono andate in bancarotta per non aver potuto pagare per la propria salute o se ne avete abbastanza di questa cleptocrazia, unitevi a noi per il “Sounds of Resistance Concert” a Union-Square Park, con il potente hip/hop rock politico dei Junkyard Empire insieme ai Broadcast Live e gli Sketch the Cataclysm. Gli organizzatori hanno creato un sito e si possono trovare altre informazione sulla loro pagina di Facebook.

Faremo un picchetto davanti alla filiale della Bank of America in Union-Square, una delle maggiori istituzioni finanziarie responsabile per il furto di circa 17 trilioni di dollari in stipendi, risparmi e pensioni presi da cittadini comuni. Costruiremo vari modellini in cartone con la rappresentazione di ciò che vorremmo avere – buone biblioteche pubbliche, ospedali gratuiti, banche trasformate in cooperative di credito, scuole libere e ben sovvenzionate, università pubbliche, agenzie interinali chiuse (i giovani non dovrebbero partire per l’Iraq e l’Afghanistan come soldati o marines per trovare un lavoro nella settore della salute). Chiederemo la fine dei pignoramenti e delle ripossessioni da parte delle banche, la rottura degli enormi monopoli delle stesse banche, un sistema di tassazione equo e un governo su cui la gente possa contare.

Le 10 maggiori banche, che controllano il 50 per cento dell’economia, determinano le nostre leggi, decidono i nostri tribunali, come sono articolati i dibattiti pubblici sui mezzi di comunicazione, chi viene eletto a guidarci e come siamo governati. Il consenso dei governati è una frase che i due maggiori partiti hanno trasformato in una crudele battuta. Non c'è alcun modo di votare contro gli interessi della Goldman Sachs. Prima si smantellano e si regolano queste banche e immense corporazioni, più velocemente saremo liberi.

La Bank of America è una delle peggiori. Non ha pagato alcuna tassa federale l’anno scorso né quello precedente. In questo momento è una delle banche più aggressive nel requisire case, a volte ricorrendo a gruppi di sicurezza privata che mettono in atto brutali invasioni delle case per buttare le famiglie sulla strada. La banca rifiuta di prestare a piccoli commercianti e consumatori i miliardi che ha ricevuto dal governo. È ritornata alle attività delinquenziali e alla speculazione che hanno creato il crollo con uno spirito di vendetta, atteggiamento reso possibile perché il governo si rifiuta di istituire sanzioni efficaci o controlli attraverso regolatori, legislatori o tribunali.
La Bank of America, come la maggior parte delle banche che hanno venduto spazzatura ai piccoli azionisti, ha l’abitudine di nascondere le proprie enormi perdite attraverso uno strumento di finanza creativa che ha chiamato “accordi di riacquisto”. Essa ha usato questi accordi durante il crollo finanziario per cancellare temporaneamente le perdite dai registri, trasferendo il debito tossico verso imprese fittizie prima di consegnare i registri. Si chiama frode. E la Bank of America è proprio brava nel farla.

US Uncut, che sarà coinvolta nella manifestazione del 15 aprile a New York, ha organizzato 50 proteste davanti alle sedi e agli uffici della Bank of America il 26 febbraio scorso. UK Uncut, la versione britannica del gruppo, ha prodotto una video guida su come organizzare un ‘bail-in’ (salvataggio tramite risorse interne in contrapposizione al bail-out che ricorre a risorse esterne, ndt) nel proprio quartiere.

La disobbedienza civile, così come descritta nel video del bail-in o come quella che si terrà in UnionSquare, è l’unico strumento che ci rimane. Un quarto delle corporazioni più grandi del paese – incluse General Electric, ExxonMobil e Bank of America – non hanno pagato tasse sugli introiti del 2010. Ma allo stesso tempo queste corporazioni agiscono come se avessero il diritto divino ad avere i sussidi di centinaia di miliardi di contribuenti. Alla Bank of America sono stati dati 45 miliardi di dollari in fondi federali per il suo salvataggio. La Bank of America prende questi soldi, che voi e io abbiamo pagato in tasse, e li nasconde insieme ai suoi profitti in uno dei 115 conti che ha nei paradisi fiscali per evitare di pagare le tasse. Ti fa pensare che le legioni di commercialisti della banca sono impegnati a far sí che la banca possa evitare di pagare le tasse anche quest’anno. Immaginatevi se voi o io facessimo una cosa del genere.

“Se la Bank of America avesse pagato la sua giusta quota di tasse, i tagli pianificati di 1.7 miliardi di dollari nell’educazione primaria, inclusi i programmi Head Start e Title I, non sarebbero stati necessari” ha fatto notare Zeese. “La Bank of America evita di pagare le tasse usando consociate nei paradisi fiscali. Per eliminare le loro tasse, investono i loro proventi oltreoceano invece di tenerli a casa, e così facendo minano l’economia americana ed evitano di pagare le tasse federali. La grande finanza, come la Bank of America, contribuisce a formare i deficit che provocano, come conseguenza, pesanti tagli ai servizi essenziali del governo nazionale e federale”.

Le grandi banche e corporazioni sono dei parassiti. Divorano le viscere del paese in nome del profitto, portandoci tutti all’asservimento e inquinando e avvelenando l’ecosistema che sostiene la specie umana. Hanno ingoiato più di un trilione di dollari del Dipartimento del Tesoro e della Federal Reserve e hanno creato piccole enclavi di ricchezza e privilegio dove i manager delle corporazioni replicano la decadenza della Città Proibita e di Versailles. Chi è rimasto fuori da questo giro lotta per trovare un lavoro e non può far altro che stare a guardare i prezzi degli alimenti e dei beni arrivare alle stelle. Un detentore di mutuo su sette è indietro coi pagamenti. Nel 2010 c’erano 3.8 milioni di pratiche di pignoramento e i ripossessi delle banche sono arrivati a 2.8 milioni, un 2% in più rispetto al 2009 e il 23% in più rispetto al 2008. Pare che questo record sarà infranto nel 2011. E nessuno al Congresso, alla Casa Bianca di Obama, presso i tribunali o la stampa, tutti grati ai soldi delle corporazioni, muoverà un dito per fermare o denunciare questo assalto alle famiglie. L’élite che ci governa, Obama incluso, è fatta di cortigiani, di edonisti del potere privi di ogni senso di vergogna, che si inginocchiano davanti a Wall Street e ci tradiscono tutti i giorni. I maggiori plutocrati delle corporazioni si prendono 900,000 dollari all’ora mentre il pranzo di uno dei nostri bambini ogni quattro dipende dai buoni pasto.

Non abbiamo bisogno di leaders. Non abbiamo bisogno di direttive di qualcuno in alto. Non abbiamo bisogno di organizzazioni formali. Né abbiamo bisogno di sprecare tempo appellandoci al Partito Democratico o scrivendo lettere al direttore. Non abbiamo bisogno di altre diatribe su internet. Dobbiamo andare fisicamente su una pubblica piazza e creare un movimento di massa. Abbiamo bisogno di voi e di qualche vostro vicino per iniziare. Vogliamo che andiate alla vostra filiale della Bank of America e che protestiate. Che veniate alla Union-Square. Una volta fatto questo, avrete dato il via ad una forza che queste élites cercano sempre di spegnere, la resistenza.

Fonte: www.truthdig.com

Link: http://www.truthdig.com/report/item/this_is_what_resistance_looks_like_20110403/3.04.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI


(fonte Italia: ComeDonChisciotte)

venerdì 8 aprile 2011

Unite, piazza e opposizione possono vincere.


Si avvicina il momento della responsabilità, svegliatevi! Il senso civico non lo trovate negli scaffali dell'ipermercato (ndr).

---

Per ora non ce l’hanno fatta. L’ostruzionismo, coordinato e unitario, promosso dalle opposizioni ha impedito alla maggioranza di approvare in poche ore il cosiddetto processo breve, in realtà una vera e propria amnistia che premierà corrotti di ogni risma, stupratori, pedofili, imbroglioni purchè ancora incensurati. E le vittime? Chi se frega, tanto Berlusconi è un imputato, mica una vittima, e ormai le leggi hanno il compito di elevare a sistema quanto serve al capo supremo, alla sua corte, persino al suo corpo.

Eppure non ce l’hanno ancora fatta, nonostante gli appelli, la rabbia , i ministri costretti a saltare anche il turno al bagno, la precettazione, l’obbligo a votare qualsiasi porcheria, perché così vuole il padrone e i suoi ordini non si possono discutere. Non ce l’hanno fatta perché, almeno in questa occasione, si sono unite le proteste di piazza e l’azione forte, continua, appassionata delle opposizioni parlamentari.,

Mercoledì alle 15 ripartirà il sit in davanti alla Camera dei deputati, in occasione del possibile voto finale. Il Popolo viola, Libertà e giustizia, Articolo 21, Libera Informazione, l’Anpi, l’Arci, MoveOn e tanti altre associazioni si ritroveranno per dare la parola alle vittime del “processo greve“: i truffati, i concussi, i familiari dei morti sul lavoro, le associazioni che rappresentano le vittime del terremoto all’Aquila, quelli che continuano a battersi per la legalità e contro le mafie, le associazioni che ogni giorno contrastano le violenze sulle donne, chi ogni giorno si impegna contro ogni forma di discriminazione e di razzismo…

Se e quando dovessero approvare la porcata, bisognerà spostarsi al Senato e predisporre tutti gli strumenti civili e politici per rendergli la vita impossibile, per far esplodere i mal di pancia che covano sotto l’apparente quiete, con una Lega che non sa più cosa fare e che si ritrova costretta a svolgere il ruolo del palo durante la rapina. Comunque vada, una cosa è già accertata: quando l’opposizione, unita e coordinata, decide di applicare alla lettera i regolamenti e di non consentirgli di respirare, gli effetti sono immediatamente visibili, la maggioranza è costretta ad inseguire, il governo deve restare incollato alle seggiole in aula, perché altrimenti prendono sberle.

Di fronte alla loro arroganza e alla sfida che hanno lanciato nei confronti della legalità e della Costituzione, sarà davvero il caso di non dargli tregua e di utilizzare lo stesso metodo, con la stessa passione civile, anche nelle prossime sedute e su qualsiasi provvedimento. Gente simile non merita forma alcuna di ” bon ton parlamentare”. Chi ha finto di credere e di ratificare la barzelletta sul presidente egiziano, la piccola Ruby e il vecchio Silvio, merita solo una opposizione tenace, intransigente, all’altezza della “provocazione epocale” che Berlusconi e i suoi manipoli hanno sferrato.

Tanto per cominciare, domani 9 aprile sarà davvero il caso di partecipare alla grande giornata conto il precariato per rivendicare il diritto al presente e al futuro, che è stata promossa da 14 ragazze e ragazzi per richiamare l’attenzione anche sulla questione sociale, sui diritti dei senza diritti, su quelli che non hanno uno zio né in Egitto né ad Arcore al quale rivolgersi o appellarsi. Nella prossima puntata vi faremo sapere se, quanto e dove sarà stato concesso loro il diritto alla parola nelle reti del polo Raiset. Vogliamo scommettere che tutti insieme questi giovani otterranno meno visibilità dell’ultima telefonata di Berlusconi all’amico Scilipoti?