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domenica 28 novembre 2010

XXX Congresso nazionale ANM (Roma - 26-28 novembre 2010)

Associazione Nazionale Magistrati
Mozione conclusiva del XXX Congresso nazionale

Il XXX Congresso nazionale ha voluto voltare pagina, con l’intento di lasciarsi alle spalle ciò che in questi anni non ha funzionato nella macchina giudiziaria, nei rapporti tra politica e magistratura, ma anche al nostro interno, dando centralità ai temi dell’autoriforma, della questione morale e dell’organizzazione.
La priorità oggi è costituita dal malfunzionamento del sistema giudiziario, che sconta ormai da troppo tempo una grave crisi per la mancanza di un’adeguata risposta alla legittima domanda di giustizia dei cittadini, con effetti negativi sulla credibilità dell’Istituzione nel suo complesso e su quella dei singoli magistrati, che vengono spesso individuati quali unici responsabili delle palesi disfunzioni e sui quali finiscono per concentrarsi inevitabilmente le insoddisfazioni della collettività.
I numeri della giustizia sono indici di una situazione drammatica e al collasso.
L’ANM chiede, pertanto, al legislatore e alla politica tutta e, in particolare, al Ministro della Giustizia nell’ambito delle sue competenze ai sensi dell’articolo 110 Cost., di intervenire urgentemente.
A tal fine, l’ANM avanza proposte chiare, precise e immediatamente attuabili:
taglio dei tribunali e delle cause inutili;
razionalizzazione delle spese;
informatizzazione del servizio giustizia su tutto il territorio;
predisposizione di adeguate risorse umane e materiali aggiuntive.
L’ANM si riconosce nei principi di leale collaborazione e di reciproco rispetto tra le Istituzioni e il terreno di scontro nel quale in molti hanno cercato di trascinarla non le appartiene.
Il ruolo dei magistrati non è quello di avversari politici delle contingenti maggioranze.
Vogliamo un’organica e razionale riforma della giustizia che in questi anni è del tutto mancata, mentre sono stati annunciati e adottati interventi episodici e occasionali dettati dall’esigenza di risolvere situazioni legate a singole vicende processuali.
La riforma che vogliamo è quella nell’interesse dei cittadini. I problemi della giustizia non si risolvono con un’ennesima riforma dei giudici limitandone l’autonomia e l’indipendenza, minate ripetute volte dalle annunciate riforme costituzionali in materia di separazione delle carriere, di obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale e di CSM, nonché in occasione dei non meno insidiosi progetti di legge ordinaria in materia di intercettazioni, processo breve e polizia giudiziaria svincolata dal pm.
Difendere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura passa, però, anche attraverso il rinnovamento, interrogandoci su quello che non ha funzionato nell’esercizio del potere diffuso, nel sistema dell’autogoverno e dell’associazionismo giudiziario.
Questa riflessione è necessaria per evitare che l’esercizio del potere giudiziario possa rappresentarsi all’esterno come arbitrario, sganciato da regole, incomprensibile ai più.
L’autonomia e l’indipendenza di un corpo di magistrati professionali trova, infatti, la sua sola giustificazione nella riferibilità delle decisioni giudiziarie a una regola interpretata e applicata sulla base di criteri razionali. Criteri che possono essere opinabili, ma che devono sempre apparire comprensibili.
La legittimazione di un potere giudiziario autonomo e indipendente in un moderno Stato democratico di diritto può essere rinvenuta esclusivamente nella professionalità dei magistrati.
I cittadini italiani hanno il diritto di avere magistrati che, oltre a essere indipendenti e imparziali, tecnicamente preparati, consapevoli dei valori in gioco nelle controversie, capaci di rendere comprensibili e credibili le ragioni delle loro decisioni, operino anche secondo moderni modelli di responsabilità.
Fondamentale, al riguardo, è un sistema di valutazione della professionalità serio e rigoroso, fondato su elementi concreti e su fatti oggettivi. Ci impegniamo per un effettivo e costante miglioramento del sistema di controllo della professionalità che coinvolga tutti: i dirigenti degli uffici, i consigli giudiziari e, quindi, l’intero circuito dell’autogoverno.
Vogliamo che al nostro interno sulla questione morale non vi siano ambiguità.
Altro aspetto essenziale è prestare attenzione alle problematiche interne agli uffici giudiziari, avendo riguardo alle attuali condizioni di lavoro e all’organizzazione con riferimento ai c.d. standard di rendimento e auspicando la rapida istituzione dell’ufficio del giudice.
Il ruolo delle correnti deve essere espressione del pluralismo culturale superando gli aspetti degenerativi.
Vogliamo un nuovo associazionismo giudiziario incentrato sulla tutela dell’autonomia e dell’indipendenza, interna ed esterna, della magistratura e che, allo stesso tempo, sappia interpretare in maniera pragmatica le reali problematiche degli uffici giudiziari senza indulgere in tentazioni corporative. Due aspetti che oggi devono essere necessariamente coniugati.
L’ANM riafferma il proprio ruolo e impegno per la rappresentanza di tutti i magistrati italiani.

(fonte: ANM)

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