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venerdì 3 dicembre 2010

Metastasi: sangue, soldi e politica tra nord e sud.

Presentato il libro “Metastasi” di Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli sui rapporti tra la mafia calabrese e alcuni esponenti politici. La nuova ‘ndrangheta nella confessione di un pentito.


di Sebastiano Di Mauro.

Sono imperversate in queste settimane discussioni a non finire su Mafia Si o Mafia NO in Lombardia, che ha scatenato dibattiti su carta stampata e Tv e, come era prevedibile che fosse, un fiume di polemiche. E’ stato criticato Roberto Saviano che ha trattato il tema delle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia ed in Lombardia in particolare e, senza neanche troppi mezzi termini, aveva fatto intendere che le cosche mafiose avevano delle convivenze con le istituzioni locali, allarmando così il partito del Carroccio, tanto che il Ministro dell’Interno Maroni ha voluto replicare.
Ora, probabilmente, una nuova ondata di polemiche verrà suscitato da “Metastasi“, il libro pubblicato da Chiarelettere, firmato da Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli, inviati di “Libero”, che ieri sera è stato presentato al Circolo della Stampa di Milano alla presenza di Giornali, TV e tanti appassionati in una sala gremitissima che vedeva come relatori di rilievo Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano, il procuratore capo della Dda di Roma Giancarlo Capaldo e Gad Lerner, giornalista e scrittore, oltre naturalmente a Maurizio Belpietro, direttore di Libero, testata a cui appartengono i due giornalisti autori.
Apriva la serata Gad Lerner, che rivolgendosi alla dr. Livia Pomodoro, ha esordito dicendo: “una volta tanto siamo in controtendenza e sono i giornalisti a portare notizie ai magistrati”. Queste “notizie”, contenute nel libro-confessione, come ha ammesso lo stesso procuratore G. Capaldi, costituiscono dei veri e propri documenti che sono al vaglio della magistratura, basandosi sulle rivelazioni del pentito Giuseppe Di Bella.
Infatti nel libro vengono affrontati ed eviscerati i rapporti tra la ’ndrangheta e diversi personaggi, i cui nomi, per ovvie ragioni, sono stati criptati con le lettere dell’alfabeto greco Alfa, beta… e tra questi il noto esponente del Carroccio, chiamato appunto il signor “GAMMA”, il quale facilmente si è riconosciuto in modo inequivocabile. E’ stato un ministro della passata legislatura, che dopo le reticenze del pre-presentazione del libro viene svelato come l’ex ministro Castelli, che a Varese, “consapevolmente” o “inconsapevolmente” beneficiò dei servigi della ‘ndrangheta, dopo l’incontro con il boss avvenuto proprio alla vigilia del grande boom del partito del Senatùr. Da quel giorno Trovato disse ai suoi: “Votate Lega e fate buon pubblicità”, aprendo così di fatto una sorta di patto di solidarietà.
Al quartier generale della Lega è già scattato l’allarme e Umberto Bossi, insieme al suo fidatissimo staff sta certamente approntando una manovra che corra ai ripari sul ciclone che si sta abbattendo sul partito. Ma non sono solo politici i legami della trama del libro, che al di là delle denunce chiare e gravi, è un romanzo, e descrive in maniera reale i rapporti che la ’ndrangheta calabrese ha intessuto con personaggi di spicco come Gianni Versace, che poi nel 1977 venne ucciso a Maiami in Florida, presumibilmente da un certo Andrew Cunanan, che si uccise misteriosamente prima di essere catturato dalla polizia statunitense. Ora G. Di Bella afferma sia stato un delitto per mano della ‘ndrangheta, che era arrivata fino a Miami per farlo fuori.
A dare il via alle confessioni del pentito Giuseppe Di Bella, pare sia stata la morte della moglie, che non è riuscito a portare per cure in Svizzera a causa delle lungaggini burocratiche che hanno avuto il sopravvento gettando nello sconforto un uomo venutosi a trovare solo con il suo bambino di 10 anni, un vero “ergastolano”, vittima ingiustificata del sistema mafioso.
Nel libro si parla, per la prima volta degli intrecci tra il boss della ‘ndrangheta Franco Coco Trovato, imprenditori e politici e, come confermato dallo stesso capo della direzione distrettuale antimafia romana Giancarlo Capaldo, nel corso della presentazione del libro, “è stato aperto un fascicolo per accertare e riscontrare la veridicità dei racconti fatti dal pentito”. La prima copia del libro con i nomi e cognomi chiari dei collusi si trova sulla sua scrivania per essere messo al vaglio della giustizia, che necessariamente dovrà fare tutte le opportune verifiche.
E’ stato ricordato come le parole più significative del pentito Di Bella abbiano trovato riscontro in un’altra voce decisiva nella lotta alla Mafia Calabrese, e che è quella di Filippo Barreca, praticamente il Buscetta della ’ndrangheta, e che come ammesso dalle parole del procuratore Nicola Gratteri è stato un santista, cioè uno di quelli ammessi a partecipare alle riunioni decisive dei capi dei capi e che quindi, senza di lui, non si sarebbero mai celebrati i processi di mafia che conosciamo.
Questo libro, come Vaticano Spa che ha venduto 250 mila copie in un anno in Italia, si annuncia un grande successo e sarà un idea regalo per il prossimo Natale a sole 14.60 euro e reperibile da oggi in tutte le librerie. Questo libro, inoltre, come ribadito da Gianluigi Nuzzi, non è una “spremitura” di atti giudiziari, ma rappresenta una confessione chiara ed allo stesso tempo sconvolgente, che ha in se i ritmi di un romanzo criminale.
In esso viene narrato come la ‘ndrangheta calabrese abbia il monopolio nel commercio della droga: non vanno i casalesi, non vanno i siciliani, ma vanno i calabresi ad acquistare le navi cariche di cocaina da immettere nel mercato europeo, utilizzando i porti di Amburgo e di Gioia Tauro, tutto il resto sono solo piccoli episodi in confronto.
A Careri, in Calabria, una donna a cui chiesi perchè vestisse di nero – dice Nuzzi – mi rispose che gli era molto il fratello e quando ho replicato che sua fratello era vico e che stava collaborando con la giustizia mi rispose: “appunto non ho più un fratello”. Nello stesso paese in una classe di una scuola elementare, quando abbiamo chiesto cosa fosse la mafia, i bambini sono rimasti tutti zitti, così come il comandante dei Vigili Urbani a cui un investigatore aveva chiesto il numero civico dove abitava un boss ‘ndranghetista e, per saperlo ha dovuto arrestarlo per favoreggiamento.
Al dr. G. Capaldo chiediamo:
Il titolo di questo libro equipara la ‘ndrangheta ad un male incurabile, ma secondo lei così come accade per la ricerca sul cancro, dal suo punto di vista viene investito abbastanza per sconfiggere questo male?
Quello che è importante non è tanto l’investimento economico, che c’è anche, ma in l’investimento in energie, sinergie e volontà di voler sconfiggere questo male.
Quindi si buon ben sperare?
Si, si assolutamente, si fa tutto il possibile perchè venga sconfitto.
Claudio Antonelli, coautore del libro ed ex carabiniere, chiediamo:

Quanto ha contribuito nell’inchiesta l’essere stato appartenente all’Arma e come ha vissuta questa inchiesta?
Io ho passato quattro anni nell’Arma e sento ancora la divisa, così ho capito che lo stesso metodo investigativo lo potevo applicare nel nuovo lavoro, quello del giornalista. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono messo in discussione, non dico di aver avuto paura, ma sentivo il dovere di portare avanti la denuncia di G. Di Bella. Credo che bisogna mettere passione ed intelligenza nel proprio lavoro per poter intuire, con anni di anticipo l’evoluzione della società.
Gianluigi Nuzzi, alla domanda cosa si evidenzia in questo libro ha risposto:
“Chiaramente si evidenzia quella zona grigia del mondo politico e imprenditoriale che è l’anticamera dell’omertà, come l’anticamera della complicità che spieghiamo nell’ultimo capitolo, insomma per sconfiggere la ‘ndrangheta servono le stesse forze messe in campo per sconfiggere il terrorismo Internazionale, quindi un intelligence e poi uomini e mezzi per sgominare il fenomeno criminale in ogni ambiente in cui si radica”. Poi Nuzzi continua:
“Mi ha colpito molto la storia del ragioniere di Valmadrera – ha aggiunto – a cui venne ‘espropriata’ la sua casa, dopo averlo appeso a testa in giù sulle sponde del lago lombardo, semplicemente perché quella villa piaceva all’amico del boss.”
Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, considerato attendibile da molti processi, ci viene descritto come la ’ndrangheta avesse le mani sugli affari del Nord. Quindi ci spiega, con dovizia di particolari, come sia stata facilitata la scalata del boss calabrese in Padania. Nel libro si trovano anche quattro delitti irrisolti, i presunti rapporti tra Giulio Andreotti e Brusca, la morte di Gianni Versace e i presunti contatti tra i capi clan e il fratello Santo.
Vale la pena di ricordare che Di Bella, gia’ testimone in diversi processi, come più volte ribadito dai due magistrati relatori e dagli stessi autori del libro inchiesta pagherà in prima persona per le sue dichiarazioni, nelle quali si autodenuncia.

(fonte: IlDemocratico)

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