DEBITO PUBBLICO

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lunedì 31 gennaio 2011

La rivoluzione in pantofole

Perché in Italia non c'è la rivoluzione? O anche solo un suo timido accenno? E perché non c'è mai stata? I fuochi si stanno accendendo un po' ovunque, dall'Albania, alla Tunisia, all'Egitto. Vecchi dittatori hanno fatto le valige, come Ben Alì, o le stanno preparando, come il faraone Mubarak. L'Italia con il suo stivale immobile al centro del Mediterraneo sembra un castello pietrificato. Un coniglio ipnotizzato dal serpente. Una rana che viene lentamente bollita viva senza accorgersene. Le ragioni di tutto questo sono misteriose, appartengono al campo della metafisica, non più a quello della politica.
La nostra stabilità (immobilità?) assomiglia a quella di chi, cadendo nelle sabbie mobili, chiude gli occhi ed evita il più piccolo movimento per rallentare la sua fine. Non grida aiuto, non cerca appigli, semplicemente affonda. I motivi per spiegare questo comportamento ci sono. Così numerosi da riempire un'enciclopedia: l'invecchiamento della popolazione (gran parte degli italiani dovrebbe scendere in piazza con le badanti), la massoneria, le mafie, l'informazione sotto controllo e pilotata (sia a destra che a sinistra), l'occupazione americana con le sue cento basi, il Vaticano, la mancanza assoluta di una classe dirigente... Queste e altre ragioni non sono però sufficienti per giustificare l'indifferenza degli italiani che, anche quando si scagliano contro il potere, evitano di varcare l'ultima linea, di prendersi dei rischi. Più cani da pagliaio che ascoltano il proprio abbaiare alla luna, e se compiacciono, che rivoluzionari. Cosa manca perché gli italiani prendano il loro destino nelle mani? Il popolo più cinico della Terra, abituato a tutto da millenni, che non crede veramente a nulla. La realtà ci dà fastidio, per questo la evitiamo. E domani, come sempre, è un altro giorno.



Dall'intervista a Mario Monicelli ad Anno Zero
"Gli italiani, gli intellettuali, gli artisti, sono poco coraggiosi? Sì, lo sono sempre stati. Sono stati vent’anni sotto un governo fascista, ridicolo, con un pagliaccio che stava lassù... Ci ha mandato l’Impero, le falangi romane lungo Via dell’Impero; ha fatto le guerre coloniali, ci ha mandato in guerra... il grande imprenditore ha detto: «Lasciatemi governare, votatemi, perché io mi sono fatto da solo, sono un lavoratore, sono diventato miliardario, vi farò diventare tutti milionari». Ormai nessuno si dimette, tutti pronti a chinare il capo pur di mantenere il posto, di guadagnare. Pronti a sopraffarci, a intrallazzare. Non c’è nessuna dignità. E’ la generazione che è corrotta, malata, che va spazzata via. La speranza è una trappola inventata dai padroni, quelli che ti dicono "State buoni, zitti, pregate, che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell’aldilà... sì, siete dei precari, ma fra 2-3 mesi vi assumiamo ancora, vi daremo un posto". Come finisce questo film? Non lo so, spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. C’è stata in Inghilterra, in Francia, in Russia, in Germania, dappertutto meno che in Italia. Ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto... che è schiavo di tutti. Se vuole riscattarsi, il riscatto non è una cosa semplice. E’ doloroso, esige dei sacrifici. Se no, vada alla malora – che è dove sta andando, ormai da tre generazioni."

(fonte: BeppeGrillo)

Umana e italiana la debolezza del premier

In questa vicenda c'è un po' di Tiberio e un po' di Hugh Hefner («Playboy»)


Combattuto tra curiosità e fastidio, il pubblico domanda: come, dove, quanto? I magistrati chiedono: chi e quando? La sesta domanda, invece, non arriva: perché?
Perché Silvio B. si comporta così? Perché un uomo così importante, un capo di governo, si circonda di cortigiani e ancelle? La risposta più semplice potrebbe essere: gli piace. Non tanto il sesso, che a una certa età presenta le sfide dell'alpinismo, quanto l'approvazione e le sue tre sorelle: ammirazione, adulazione, adorazione. La coreografia descritta dalle partecipanti ha qualche punto in comune con altre situazioni gradite al padrone di casa: convegni con giovani sostenitrici adoranti, cerimonie paratelevisive, notti brasiliane e dacie russe, ville sarde e università brianzole in festa. Silvio B. mostra i tratti di un narcisismo nucleare. Vuol essere applaudito e apprezzato. Uno dei motivi per cui detesta i giornalisti - se non nella versione addomesticata e aziendale - è questo: le domande antagonistiche sono prove di non-amore. Insopportabili.


L'esibizionismo nazionale - lo stesso che spinge alla nevrosi della «bella figura» - viene portato alla temperatura di fusione e produce energia. Quella che serve per rinunciare al sonno, alla prudenza, al buon senso; che induce a utilizzare le proprie televisioni come esca e ricompensa; che spinge a candidare, elevare e proteggere giovani donne per meriti estetico-sessuali; e a difenderle oltre ogni logica. Quella che permette di non vedere il lato grottesco di una vicenda che Giampaolo Pansa su Libero, dopo una lunga introduzione assolutoria, definisce «la goduria di un regista di film trash, capace di scovare gli eredi di Bombolo, di Alvaro Vitali, delle Ubalde sempre calde, travestite da infermiere, da professoresse, da poliziotte». L'uomo solo nel night-club, protagonista di tanto cinema e abbondante letteratura, cerca la stessa cosa.

La ricostruzione artificiale della festa, il complimento e la lusinga, la parodia del corteggiamento, la prevedibile tentazione, l'illusione del fascino a pagamento.
La debolezza di B. è umana e italiana: non per questo veniale, considerate le modalità, il ruolo e le caratteristiche - anche anagrafiche - delle protagoniste. Ma c'è qualcosa di familiare in questa spasmodica ricerca di approvazione, i cui sintomi - ben noti in azienda e nel partito, dove Silvio B. è rispettivamente «il dottore» e «il presidente» - sono diventati di dominio pubblico due anni fa. Non per colpe dei magistrati o dei giornalisti: ma di un'imprudenza, clamorosa e rivelatrice.

La partecipazione alla festa del diciottesimo compleanno di Noemi Letizia, nella periferia di Napoli, mostrava i segni di un esibizionismo parossistico. Lo stupore negli occhi dei presenti: ecco a cosa non ha saputo resistere, l'uomo ricco e potente, quella sera. La proiezione dei viaggi, degli incontri e dei successi del padrone di casa - ad Arcore, a Palazzo Grazioli - è un'altra prova dello stesso fenomeno. Alcuni uomini hanno bisogno di un pubblico per funzionare. Se non lo trovano, lo acquistano. C'è un po' di Tiberio (raccontato da Svetonio) e un po' di Hugh Hefner (immortalato da Playboy) in questa vicenda. Così s'appannano gli imperi: tra feste, mollezze e tentativi di fermare il tempo, con artifici che il tempo ci ha insegnato a conoscere. Famiglie, interessi e successi professionali non bastano più. Occorrono adulatori, ammiratrici, cantanti e una scenografia insieme spettacolare e malinconica, soprattutto perché studiata per sconfiggere la malinconia. Silvio B. è un uomo solo. Lo capirà appena perderà il potere: i prezzi aumenteranno, gli amici diminuiranno. Chi gli vuole bene dovrebbe dirglielo: ma forse è tardi.(28 gennaio 2011)


Non ne avete abbastanza. Allora proseguiamo. Assuefazione o rigetto. Il pelo ci seppellirà.

E spuntano gli sms tra Sara Tommasi e Silvio



30 gennaio 2011

Intercettata la showgirl perché collegata a personaggi della criminalità organizzata. “Molto affettuosi” i messaggini inviati al premier

Le indagini non finiscono mai. E le comunicazioni telefoniche tra Silvio Berlusconi e le sue girls nemmeno. Ne parla Francesco Viviano su Repubblica, che ci racconta di un’inchiesta condotta dalla procura di Napoli nella quale è spuntato il nome di Sara Tommasi, showgirl cara al Cavaliere.

Gli inquirenti descrivono questi sms come “molto affettuosi”: sono stati intercettati dalla squadra mobile, impegnata a seguire un clan di camorristi che trafficava in cocaina e si occupava anche di spaccio di banconote false. Da uno dei camorristi, telefono dopo telefono, la polizia è approdata all’utenza della Tommasi. Il telefono di quest’ultima era finito sotto controllo in quanto in contatto con un personaggio napoletano che orbita nel mondo dello spettacolo e dei paparazzi (in contatto anche con Fabrizio Corona, estraneo a questa inchiesta) che a sua volta era in rapporti con il camorrista napoletano.

La ragazza è un’habitué di Arcore:

La Tommasi è stata spesso ospite nelle residenze del presidente del Consiglio. C’era anche alla festa organizzata a Villa San Martino il 25 aprile scorso, quando Berlusconi aveva come ospite Vladimir Putin. A quella festa insieme alla Tommasi c’erano anche Ruby, Barbara Guerra, le gemelle Manuela e Marianna Ferrara, Iris Berardi, Barbara Faggioli e Marysthell Garcia Polanco. Non è escluso che anche la Tommasi possa essere convocata dai pm di Milano, non tanto per i messaggi intercettati inviati a Berlusconi, quanto perché presente alle feste con Ruby.

Ma proseguiamo...

L’Isola delle raccomandate (da Silvio)?
Dario Ferri

30 gennaio 2011

Sara Tommasi, le gemelle de Vivo, Raffaella Fico: il programma di Magnolia (ex Mediaset) vede spesso protagoniste ragazze che hanno avuto contatti con il premier. Casualità?

L’Isola dei Famosi è un reality show prodotto da Magnolia, attualmente presieduta dall’ex direttore di Canale 5 e Italia 1 Giorgio Gori. Ma va su Raidue, tv pubblica, finanziata con i soldi del canone. Nel programma un gruppo di concorrenti VIP devono riuscire a sopravvivere in un’isola deserta senza nessuna comodità (devono costruirsi un rifugio, accendere il fuoco, procacciarsi il cibo, e così via). I concorrenti posseggono un kit di sopravvivenza di base che, grazie ad alcune prove collettive, possono arricchire di nuovi oggetti. Casualmente, nelle ultime edizioni quattro concorrenti sono riconducibili a conoscenze pregresse del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.


SARA TOMMASI – Ad esempio Sara Tommasi, che partecipò alla quarta edizione, quella del 2006 arrivando in finale, viene ultimamente indicata come una stretta conoscenza del premier. “Molto affettuosi” vengono definiti gli sms che lei avrebbe inviato a lui e che sono stati intercettati dalla procura di Napoli e mandati a Milano. La showgirl non è in nessun modo collegata all’inchiesta su concussione e prostituzione minorile, ma aveva il telefono sotto controllo perché si sono registrati contatti telefonici suoi con personaggi legati al mondo della criminalità. La Tommasi ha di recente confessato un suo presunto flirt con il calciatore ex milanista Ronaldinho. Non è questa, però, l’unica connessione che ha con il premier: il 25 aprile, giorno in cui Berlusconi ha ricevuto prima a Villa San Martino, ad Arcore, e poi a VIlla Gernetto, a Lesmo Vladimin Putin, la Tommasi risultava presente nella dimora del presidente. La bella Sara, laureata alla Bocconi con 110 e lode e arruolata nella scuderia di Lele Mora dopo il suo ingresso nel mondo dello spettacolo, però, è difficile che sia configurata come amica del premier da prima del 2006. Di questo non c’è traccia. E’ quindi quasi impossibile attribuire in qualche modo la sua partecipazione all’Isola dei famosi all’amicizia con il premier.


GEMELLE DE VIVO - Ci sono poi le gemelle Eleonora e Concetta detta Imma De Vivo, che hanno partecipato all’edizione del 2008. Tra gli atti della procura di Milano si è parlato di una testimonianza in cui si racconta di una loro ben precisa partecipazione alle feste di Arcore: starà ai magistrati stabilire se il fatto è vero oppure inventato. Nelle intercettazioni tra una delle due e la recentemente maggiorenne Iris Berardi si diceva:

Ut Iris – Int Eleonora de Vivo
….Iris: no, no,, non viene no… e quindi… vediamo… e poi vedo se vado da Giannino… a vedere se incontro qualcuno… oppure … in un altro ristorante… che cazzo ne so raga… stasera devo concludere., qua…
Eleonora: dai…
Iris: che… sto morendo di fame… (ride)
Eleonora: dai amore, stai tranquilla che sei in gamba… appena riesco a sentire qualcuno eccetera ti chiamo… ok?
Iris: dai amo’… anch’io la stessa cosa, se sto stronzo di merda… mi risponde, guarda, è proprio un pezzente… ma la prossima volta… ma se vengo a Roma, guarda, mi deve sganciare più di due sto figlio di merda
Eleonora: (inc) stai tranquilla non ti preoccupare

E anche altre, in cui si parla di compensi e case e che tutti ricordano. Anche per quanto riguarda le De Vivo la partecipazione del 2008 è lontana nel tempo rispetto alle prime volte in cui entrano in questa inchiesta.


RAFFAELLA FICO – C’è poi Raffaella Fico, che deve partecipare all’edizione che sta per cominciare. Nata il 29 gennaio del 1988, viene citata tre volte negli atti inviati dalla procura al parlamento, quando partecipò al Grande Fratello nel 2008 dichiarò: “Metto all’asta la mia verginità per un milione di euro. Voglio proprio vedere se c’è qualcuno che tiri fuori questa somma per avermi. Non so che cosa significhi fare sesso e se qualcuno pagherà un milione di euro per me, sarò di certo imbarazzata, ma con questi soldi potrò realizzare i miei sogni, ovvero comprarmi una casa a Roma e pagarmi un corso di recitazione”. Nelle intercettazioni dell’inchiesta si sente parlare di lei: In un sms inviato il 10/1/2011 da Nicole Minetti a Maristelle Polanco si legge: “Amo’ ma e’ serio che alla Fico ha regalato la casa? Amo’, se e’ vero ti giuro che scateno l’inferno…”. Ma ovviamente si tratta di chiacchiere e flatus vocis, molto probabilmente non ci sarà nulla di vero. Però, certo che tra Raffaella Fico, Sara Tommasi e le gemelle De Vivo siamo a ben più dei classici tre indizi che fanno una prova. Perché c’è chi vale doppio.

(fonte: Giornalettismo)

domenica 30 gennaio 2011

Borsellino fermato anche perche' indagava su Dell'Utri?


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di AMDuemila - 29 gennaio 2011“Stiamo ancora cercando riscontri ma secondo noi Paolo Borsellino stava indagando su Marcello Dell'Utri. Anche per questo motivo c'è stata quell'accelerazione sulla sua morte. Ma di questo parleremo nel prossimo libro che stiamo già scrivendo”.

Con questa rivelazione Giorgio Bongiovanni, direttore di ANTIMAFIADuemila e coautore conLorenzo Baldo del libro “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino” (Aliberti Editore), ha concluso la conferenza di presentazione che si è tenuta presso l'Aula Magna della Falcoltà di Giurisprudenza di Palermo. Una manifestazione intensa ed emozionante a cui hanno partecipato come relatori, oltre agli autori, i fratelli del giudice Salvatore e Rita Borsellino, i giudici Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo, e il giornalista Umberto Lucentini.
Oltre a ringraziare tutti coloro che, grazie alle proprie testimonianze, hanno reso possibile la realizzazione del libro, gli autori hanno dapprima raccontato le motivazioni che li hanno spinti a scrivere un libro sugli ultimi 57 giorni di Paolo Borsellino, quindi hanno rivelato il progetto della nuova pubblicazione.
“Questo libro lo abbiamo scritto in quanto, senza trascurare le altre stragi, a nostro parere quella di via D'Amelio da la vera chiave di interpretazione per capire chi oggi è al potere”.  “Secondo noi – ha aggiunto Bongiovanni – e mi assumo la responsabilità di quello che dico, chi comanda in Italia, sotto tutti gli aspetti (politico, economico e finanziario), sono in qualche modo responsabili di questo assassinio. Mi riferisco ad un potere trasversale a cui appartengono personaggi 'di centro, di destra e di sinistra', personaggi che oggi comandano in Italia e di cui il Premier è l'espressione più drammatica e buffonesca. Noi pensiamo che questo potere ha fatto accordi con Cosa nostra e uno dei burattinai, ormai in fin di vita ma che ancora si esprime come Licio Gelli, parla di piano di Rinascita ed esprime giudizi. Questa persona è uno di quegli oracoli che ogni tanto ci indicano una strada. Non so se lo fa coscientemente o perché ha 93 anni, ma dice delle cose verosimili. E tornando all'accordo tra mafia e Stato secondo noi è possibile che Mancino abbia chiamato Borsellino proprio per dirgli di questa trattativa, e che il giudice si sia indignato a tal punto da frapporsi alla stessa. Pertanto è stato eliminato”.
Durante l'incontro, grazie alle domande formulate dalle due moderatrici Anna Petrozzi e Lucia Castellana, sono stati toccati diversi aspetti. Ad essere approfondite non sono state solo le tematiche del libro, che per l'appunto attraversa gli ultimi cinquantasette giorni vissuti dal giudice antimafia immediatamente dopo la Strage di Capaci fino al giorno della sua morte, ma anche un'analisi sul momento politico sociale che lo Stato italiano sta attraversando e sulla necessità di impegnarsi attivamente, ognuno con i propri mezzi, per cercare di sconfiggere questo cancro che è la Mafia. Una lotta a cui Paolo Borsellino credeva con ottimismo, così come scriveva in una lettera appena poche ore prima della propria  morte. Un episodio ricordato con emozione da Salvatore Borsellino durante la conferenza. Lui, simbolo di quella nuova resistenza che si manifesta nelle persone e nei tanti giovani coinvogliati nel movimento delle “Agende Rosse” pronte a scendere in campo per difendere i giudici che mettono a rischio la propria vita in favore della verità e della giustizia. Giudici come Antonino Di Matteo e Antonio Ingroia. Quest'ultimo, procuratore aggiunto della Procura di Palermo ed autore della prefazione del libro “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino”, ha denunciato gli attacchi che continuamente subisce la magistratura nel tentativo di stravolgerne l'indipendenza subordinandola alla politica. “La legge è uguale per tutti – ha detto il magistrato – e questo è sicuramente uno dei principi cardine per salvaguardare democrazia e legalità nel nostro Paese. Valori che vanno difesi ad ogni livello”. Un concetto condiviso pienamente anche da Antonino Di Matteo, sostituto procuratore di Palermo e presidente dell'Anm Palermo, che, commentando le note finali del libro, ha detto: “Condivido ogni parola degli autori quando dicono che per rendere onore al debito morale che abbiamo nei confronti di Paolo Borsellino ognuno di noi deve pretendere giustizia e verità. Tutti noi siamo chiamati a questo passo e dobbiamo metterci impegno. Alimentando la vostra sete di giustizia e verità noi magistrati abbiamo un dovere, resistere ispirandoci al coraggio di Paolo, alla sua passione, impegnadoci con la consapevolezza di esercitare non un potere ma un servizio in favore del popolo, per dimostrare che si è davvero tutti uguali di fronte alla legge”.
Importanti sono state anche le testimonianze di Rita Borsellino, che oltre a ricordare il fratello ha ribadito l'importantza di schierarsi ed impegnarsi anche politicamente per cercare di scardinare l'attuale sistema di potere, e Umberto Lucentini, che invece ha voluto evidenziare il ruolo che in questo momento recita l'informazione.

(fonte: Antimafia Duemila)

I “DITTATORI” NON DETTANO LEGGE. OBBEDISCONO SOLO AGLI ORDINI

IL MOVIMENTO DI PROTESTA IN EGITTO


DI MICHEL CHOSSUDOVSKY
globalresearch.ca

Il regime di Mubarak potrebbe crollare di fronte al vasto movimento nazionale di protesta... Quali Prospettive per l'Egitto e Il mondo arabo?

I "Dittatori" non dettano legge, essi obbediscono agli ordini. Questo è vero in Tunisia, Algeria ed Egitto. 

I dittatori sono sempre burattini politici. I dittatori non decidono. 

Il Presidente Hosni Mubarak è stato un fedele servitore degi interessi economici occidentali e così lo è stato Ben Ali. 

Il Governo nazionale e l'oggetto del movimento di protesta. L'obiettivo è quello di spodestare il burattino, piuttosto che il burattinaio. Gli slogan in Egitto sono "Abbasso Mubarak, abbasso il regime". Nessun manifesto anti-Americano è stato segnalato ... L'influenza dominante e distruttiva degli Stati Uniti in Egitto e in tutto il Medio Oriente resta nell’ombra. 

Le potenze straniere che operano dietro le quinte sono schermate dal movimento di protesta. 

Non si verificherà nessun cambiamento politico significativo a meno che il problema dell'interferenza straniera non sia affrontata significativamente dal movimento di protesta. 





L'Ambasciata statunitense che al Cairo è un’importante soggetto politico che immancabilmente offusca il Governo nazionale, non è un obiettivo del movimento di protesta. 

In Egitto è stato istituito nel 1991 un devastante programma del FMI al culmine della Guerra del Golfo. Esso è stato negoziato in cambio dell'annullamento del debito militare multimiliardario (in dollari)dell'Egitto nei confronti degli Stati Uniti in aggiunta alla sua partecipazione alla guerra. Come risultato la deregulation dei prezzi alimentari, la vasta privatizzazione e le massicce misure di austerità hanno portato a un impoverimento della popolazione egiziana e la destabilizzazione della sua economia. Il governo di Mubarak è stato elogiato come un "allievo del FMI" modello. 

Il ruolo del governo di Ben Ali in Tunisia è stato quello di far rispettare la mortale medicina economica del FMI, che in un periodo di oltre venti anni è servito a destabilizzare l'economia nazionale e impoverire la popolazione tunisina. Nel corso degli ultimi 23 anni, la politica economica e sociale della Tunisia è stata dettata dal "Consenso” di Washington. 

Sia Hosni Mubarak che Ben Ali sono rimasti al potere perché i loro governi hanno obbedito ai diktat del FMI e li hanno applicati efficacemente. 

Da Pinochet e Videla a Baby Doc, Ben Ali e Mubarak, da Washington sono stati installati dittatori. Storicamente in America Latina i dittatori sono stati insediati attraverso una serie di colpi di stato militari sponsorizzati dagli USA. Nel mondo di oggi, essi sono installati attraverso "elezioni libere e corrette", sotto la sorveglianza della "comunità internazionale".

Il nostro messaggio al movimento di protesta: 

Le decisioni operative sono prese a Washington DC, presso il Dipartimento di Stato americano, al Pentagono, a Langley, il quartier generale della CIA, in H Street NW, il quartier generale della Banca Mondiale e del FMI.

Le relazioni del "dittatore" con interessi stranieri devono essere affrontate. Spodestare i burattini politici, ma non dimenticate di mettere nel mirino i "dittatori reali". 

Il movimento di protesta dovrebbe concentrarsi sulla sede reale dell’autorità politica; dovrebbe avere come obiettivo l'ambasciata statunitense, la delegazione dell'Unione europea, le rappresentanze nazionali del FMI e della Banca mondiale. 

Il cambiamento politico significativo può essere garantito solo se l'agenda di politica economica neoliberista viene gettata via. 

Regime di ricambio 

Se il movimento di protesta non non indirizza le proprie energie sul ruolo esercitato da potenze straniere, tra cui le pressioni esercitate dagli "investitori", creditori esterni e istituzioni finanziarie internazionali, l'obiettivo della sovranità nazionale non sarà raggiunto. Nel qual caso, ciò che accadrà è un processo ristretto di "sostituzione di regime", che assicura la continuità politica. 

I "dittatori" vengono insediati e spodestati. Nel momento in cui sono screditati politicamente e non servono più gli interessi dei loro sponsor USA, vengono sostituiti da un nuovo leader, spesso reclutato tra le fila dell'opposizione politica. 

In Tunisia, l'amministrazione Obama ha già preso posizione. Essa intende svolgere un ruolo chiave nel “programma di democratizzazione" (cioè lo svolgimento di elezioni cosiddette eque). Essa intende anche usare la crisi politica come un mezzo per indebolire il ruolo della Francia e consolidare la sua posizione in Nord Africa: "Gli Stati Uniti, che sono stati svelti a farsi un’idea dell'ondata di protesta per le strade della Tunisia, stanno cercando di ricavarne il loro tornaconto per imporre riforme democratiche nel paese e non solo. 

L'inviato di alto livello degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Jeffrey Feltman, è stato il primo funzionario straniero ad arrivare nel Paese dopo che il presidente Zine El Abidine Ben Ali è stato estromesso il 14 gennaio e rapidamente ha reclamato le riforme. Martedì ha detto che solo elezioni libere e giuste possono dare credibilità alla tormentata leadership dello stato nord africano e rafforzarla. 

"Certamente mi aspetto che andremo ad utilizzare l'esempio della Tunisia" in colloqui con altri governi arabi, ha aggiunto l’assistente del Segretario di Stato Feltman. 

È stato spedito nel paese nordafricano per offrire l’aiuto degli Stati Uniti nella turbolenta transizione del potere, eha incontrato i ministri tunisini e personaggi della società civile.

Feltman si reca poi a Parigi mercoledì per discutere della crisi con i dirigenti francesi, favorendo l'impressione che gli Stati Uniti stiano guidando il sostegno internazionale per una nuova Tunisia, a scapito della sua ex potenza coloniale, la Francia. ...

Le nazioni occidentali hanno a lungo sostenuto la leadership tunisina ora estromessa, vedendola come un baluardo contro i militanti islamici nella regione del Nord Africa. 

Nel 2006, l'allora Segretario alla Difesa americano Donald Rumsfeld, parlando a Tunisi, ha elogiato l'evoluzione del paese. 

Il Segretario di Stato americano Hillary Clinton è agilmente intervenuta con un discorso a Doha il 13 gennaio ammonendo i leader arabi che se non permetteranno maggiore libertà ai loro cittadini c’è il rischio che gli estremisti sfruttino la situazione. 

" Non c'è dubbio che gli Stati Uniti stanno cercando di posizionarsi molto rapidamente dalla parte conveniente ,..." " AFP: USA aiutano il successo del modello della rivolta tunisina .


Washington avrà successo nell’installare un nuovo regime fantoccio? 

Molto dipende dalla capacità del movimento di protesta di affrontare il ruolo insidioso degli Stati Uniti negli affari interni del paese. 

I sovrastanti poteri dell’impero non sono menzionati. Con amara ironia, il presidente Obama ha espresso il suo sostegno al movimento di protesta. 

Molte persone all'interno del movimento di protesta sono portate a credere che il presidente Obama sia impegnato per la democrazia e i diritti umani, e sostiene la risoluzione dell'opposizione di spodestare un dittatore, che è stato in primo luogo installato dagli USA. 

Cooptazione dei leader dell'opposizione

La cooptazione dei leader dei principali partiti di opposizione e organizzazioni della società civile, in previsione del crollo di un governo fantoccio autoritario fa parte del disegno di Washington, applicato in diverse regioni del mondo.

Il processo di cooptazione è attuato e finanziato da fondazioni con sede negli Stati Uniti tra cui il National Endowment for Democracy (NED) e Freedom House (FH) -sia la FH che il NED hanno legami con il Congresso degli Stati Uniti- il Council on Foreign Relations (CFR), e la classe dirigente del business negli Stati Uniti. Sia il NED e FH sono noti per avere legami con la CIA.

Il NED è coinvolta attivamente in Tunisia, Egitto e Algeria. Freedom House supporta diverse organizzazioni della società civile in Egitto.


"Il NED è stato istituito con l'amministrazione Reagan dopo il ruolo della CIA negli sforzi tesi a finanziamenti segreti per rovesciare i governi stranieri è stato portato alla luce, portando al discredito dei movimenti, partiti, riviste, libri, giornali e individui che hanno ricevuto finanziamenti dalla CIA. .. . Come dotazione bipartisan, con la partecipazione dei due maggiori partiti, così come dell'AFL-CIO e della Camera di Commercio degli Stati Uniti, il NED ha preso l’impegno per i finanziamenti atti a rovesciare i movimenti stranieri, ma apertamente e sotto la rubrica della "promozione della democrazia". (Stephen Gowans, Gennaio 2011" Cosa c'è di sinistra "


Mentre gli Stati Uniti hanno sostenuto il governo di Mubarak negli ultimi trenta anni, le fondazioni degli Stati Uniti con legami con il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e il Pentagono hanno sostenuto attivamente l'opposizione politica tra cui il movimento della società civile. Secondo Freedom House: " la società civile egiziana è sia vibrante che vincolata. Ci sono centinaia di organizzazioni non-governative destinate ad ampliare i diritti civili e politici nel paese, che operano in un ambiente altamente regolamentato." ( Freedom House Comunicati Stampa ). 

Con una amara ironia, Washington sostiene la dittatura di Mubarak, comprese le sue atrocità, mentre fornisce anche il sostegno e il finanziamento ai suoi detrattori, attraverso le attività di FH, la NED, tra gli altri.
Gli sforzi di Freedom House per dare autorità a una nuova generazione di sostenitori ha prodotto risultati concreti e il programma della New Generation in Egitto ha guadagnato importanza sia a livello locale che internazionale. I membri egiziani di tutti i gruppi della società civile hanno ricevuto [maggio 2008] attenzioni e riconoscimenti senza precedenti, compresi dei meeting a Washington con il segretario di Stato americano, la National Security Advisor, e importanti membri del Congresso. Nelle parole di Condoleezza Rice, essi rappresentano la "speranza per il futuro dell'Egitto". FreedomHouse,


Doppio colloquio politico: conversare con "dittatori", confondersi con i "dissidenti"

Sotto gli auspici della Freedom House, i dissidenti e gli oppositori egiziani di Hosni Mubarak, sono stati ricevuti nel maggio 2008 da Condoleezza Rice al Dipartimento di Stato e al Congresso degli Stati Uniti

Nel maggio del 2009, Hillary Clinton ha incontrato una delegazione di dissidenti egiziani, in visita a Washington sotto l'egida della Freedom House. (Vedi sotto). Ci sono state riunioni ad alto livello. Questi gruppi dell’opposizione, che giocano un ruolo importante nel movimento di protesta, sono criticati perchè accusati di servire gli interessi americani. L’America è presentata come un modello di libertà e giustizia. L’invito di dissidenti al Dipartimento di Stato e al Congresso pretende di infondere un sentimento di impegno e fedeltà verso i valori democratici americani. 

Tali riunioni ad alto livello si sono svolte una settimana prima della visita di Obama in Egitto: . 

Segretario di Stato americano Hillary Clinton ha elogiato il lavoro di un gruppo di attivisti della società civile egiziana ha incontrato oggi e ha detto che era in Egitto interesse a muoversi verso la democrazia e ad esporre più rispetto per i diritti umani. . 

I 16 attivisti incontrato Clinton e in seguito, assistente Segretario di Stato per gli Affari del Vicino Oriente Jeffrey Feltman a Washington al termine di una borsa di studio di due mesi organizzato dal programma di Freedom House's New Generation. . 

I borsisti sollevato preoccupazioni su ciò che essi percepiscono come il governo degli Stati Uniti le distanze dal egiziana della società civile e ha invitato il presidente Obama per incontrare i giovani attivisti della società civile indipendente, durante la sua visita al Cairo la settimana prossima. Essi hanno inoltre esortato l'amministrazione Obama di continuare a fornire politico e il sostegno finanziario per la società civile egiziana e per contribuire ad aprire lo spazio per le organizzazioni non governative, che è strettamente limitato ai sensi di emergenza legge di lunga data di Egitto. 

I borsisti Clinton ha detto che il momento era già costruendo in Egitto di una maggiore e dei diritti umani civili e che sostegno degli Stati Uniti in questo momento è urgentemente necessario. Essi hanno sottolineato che la società civile rappresenta un moderato e pacifico "terza via" in Egitto, in alternativa agli elementi autoritari nel governo e quelli che sposano governo teocratico. (Freedom House, maggio 2009)

Durante la loro borsa, gli attivisti hanno trascorso una settimana a Washington, che ricevono una formazione in difesa e ottenere uno sguardo all'interno degli Stati Uniti la democrazia funziona così. Dopo la loro formazione, i borsisti sono stati abbinati con le organizzazioni della società civile in tutto il paese in cui hanno condiviso esperienze con i colleghi statunitensi. Gli attivisti si concluderà il loro programma ... visitando funzionari del governo degli Stati Uniti, i membri del Congresso, i media ei gruppi di riflessione. " ( Freedom House , maggio 2009, enfasi aggiunta)

Questi i gruppi della società civile di opposizione - che sono attualmente giocando un ruolo importante nel movimento di protesta - sono sostenuti e finanziati dagli Stati Uniti. Essi indelebile servire gli interessi degli Stati Uniti. 

L'invito dei dissidenti egiziani al Dipartimento di Stato e del Congresso degli Stati Uniti pretende anche di infondere un senso di impegno e di fedeltà ai valori democratici americani. L'America è presentato come un modello di libertà e giustizia. Obama è accolto come un "Role Model".


Dissidenti egiziani, ricercatori di Freedom House a Washington DC (2008 )



Il segretario di Stato Hillary Clinton parla con "attivisti egiziani promotori della libertà e la democrazia, in visita attraverso l'organizzazione Freedom House, prima delle riunioni del Dipartimento di Stato a Washington, DC, 28 maggio 2009 ". [Confronta le due immagini della delegazione 2008 ricevuto da Condoleezza Rice, e la delegazione 2009 che incontra Hillary Clinton nel maggio 2009).



Hillary Clinton e Hosni Mubarak a Sharm el Sheik, settembre 2010



Condoleeza Rice conversa con Hosni Mubarak? "La speranza per il futuro dell'Egitto".




Condoleezza Rice parla a Freedom House. Quarta da sinistra.





I burattinai sostengono il movimento di protesta contro i loro stessi burattini

I burattinai supportano il dissenso contro i propri burattini? 

Si chiama "effetto leva politico", " fabbricazione del dissenso". Sostenere il dittatore e gli oppositori del dittatore come un mezzo per controllare l'opposizione politica. 

Queste azioni da parte di Freedom House e del National Endowment for Democracy per conto delle amministrazioni Bush e Obama, garantiscono che l’opposizione della società civile finanziata dagli USA non riesce a dirigere le proprie energie contro i burattinai dietro il regime di Mubarak, e cioè il governo degli Stati Uniti. 

Queste organizzazioni della società civile finanziate dagli Stati Uniti agiscono come un "cavallo di Troia", incorporato all'interno del movimento di protesta. Esse proteggono gli interessi dei burattinai. Essi assicurano che il movimento di protesta popolare non affronterà la questione più ampia dell’ingerenza straniera negli affari degli Stati sovrani. 

I bloggers Twitter e Facebook sostenuti e finanziati da Washington

In relazione al movimento di protesta in Egitto, alcuni gruppi della società civile finanziati dalle fondazioni con sede negli Stati Uniti hanno portato la protesta su Twitter e Facebook: 

" Gli attivisti del movimento egiziano di Kifaya Egitto (numerosi) - una coalizione di oppositori del governo – e il Movimento Giovanile 6 aprile ha organizzato le proteste sui siti web di Social networking Facebook e Twitter. Le notizie occidentali hanno riportato che Twitter sembra essere bloccato in Egitto dopo Martedì." (Vedi Voice of America,, Egitto sconvolto da letali proteste anti-governative


Il movimento Kifaya, che ha organizzato una delle prime azioni dirette contro il regime di Mubarak nel 2004, è sostenuto dall’International Center for Non-Violent Conflict con sede negli Stati Uniti. A sua volta, Freedom House è stata coinvolta nella promozione e nella formazione dei blog Facebook e Twitter in Medio Oriente e Nord Africa: 

I membri locali di Freedom House hanno acquisito competenze nella mobilitazione civica, leadership e pianificazione strategica, e su come beneficiare di opportunità di networking attraverso l'interazione con i donatori basati a Washington, le organizzazioni internazionali e i media. Dopo il ritorno in Egitto, questi soci hanno ricevuto piccole sovvenzioni destinate a realizzare iniziative innovative, come sostenere le riforme politiche attraverso Facebook e la messaggistica SMS.

Dal 27 Febbraio al 13 Marzo [2010], la Freedom House ha ospitato 11 blogger provenienti dal Medio Oriente e Nord Africa [da diverse organizzazioni civili] per un Advanced New Media Study Tour di due settimane a Washington, DC. Lo Study Tour ha fornito ai bloggers una formazione nella sicurezza digitale, produzione di video digitali, sviluppo di messaggi e cartografia digitale. Durante il soggiorno, hanno anche partecipato ad un briefing del Senato, e si sono incontrati con funzionari di alto livello a USAID, al [Dipartimento] di Stato e al Congresso così come con media internazionali tra cui Al-Jazeera e il Washington Post. 
www.freedomhouse.org enfasi aggiunta


Si può facilmente comprendere l'importanza attribuita dal governo statunitense a questo "programma di formazione" per blogger, accoppiato con riunioni ad alto livello presso il Senato degli Stati Uniti, il Congresso, il Dipartimento di Stato, ecc. 

Il ruolo del movimento di Facebook e Twitter come espressione di dissenso, deve essere attentamente valutato alla luce dei legami di varie organizzazioni della società civile con Freedom House (FH), National Endowment for Democracy (NED) e il Dipartimento di Stato americano. BBC World News (trasmesso in Medio Oriente), citando i messaggi Internet egiziani ha riferito sull’"invio di denaro ai gruppi pro-democrazia da parte degli Stati Uniti". (BBC World News, 29 gennaio 2010) 

I Fratelli Musulmani

I Fratelli Musulmani in Egitto rappresentano il segmento più importante dell'opposizione al presidente Mubarak. Secondo i rapporti, i Fratelli Musulmani dominano il movimento di protesta. 

Mentre vi è un divieto costituzionale contro i partiti politici religiosi, membri della Fratellanza eletti al parlamento egiziano come "indipendenti" rappresentano il più vasto blocco parlamentare. 

La Fratellanza, tuttavia, non costituisce una minaccia diretta per gli interessi strategici e economici di Washington nella regione. Agenzie di intelligence occidentali hanno una lunga storia di collaborazione con la Fratellanza. Il sostegno della Gran Bretagna alla Confraternita attraverso il Servizio Segreto britannico risale al 1940. A partire dagli anni ‘50, secondo l'ex funzionario di intelligence William Baer, "La CIA [incanalò] sostegno ai Fratelli Musulmani a causa della" lodevole la capacità della Confraternita di rovesciare Nasser". 1954-1970: CIA e la Fratellanza Musulmana alleati per opporsi al presidente egiziano Nasser , questi collegamenti sotto copertura per la CIA sono stati mantenuti nel periodo post-Nasser. 

Considerazioni conclusive

La rimozione di Hosni Mubarak è stata, per diversi anni, sul tavolo di lavoro della politica estera statunitense. 

La sostituzione del regime serve a garantire la continuità, pur fornendo l'illusione che un cambiamento politico significativo si è verificato. 

L’agenda di Washington per l'Egitto è stato quella di "dirottare il movimento di protesta" e sostituire il presidente Hosni Mubarak, con un nuovo capo di Stato fantoccio compiacente. 

L’obiettivo di Washington è quello di sostenere gli interessi delle potenze straniere, per sostenere il programma economico neoliberista, che è servito a impoverire la popolazione egiziana. 

Dal punto di vista di Washington, la sostituzione del regime non richiede più l'installazione di un regime autoritario militare come nel periodo di massimo splendore dell'imperialismo degli Stati Uniti, ma può essere attuato dalla cooptazione dei partiti politici, tra cui la sinistra, il finanziamento dei gruppi della società civile, infiltrando il movimento di protesta e la manipolazione delle elezioni nazionali. 

Con riferimento al movimento di protesta in Egitto, il presidente Obama ha dichiarato in una trasmissione video 28 gennaio su Youtube: "Il governo non deve ricorrere alla violenza". La questione più fondamentale è: qual’è la fonte di tale violenza? 
L'Egitto è il maggior beneficiario degli aiuti militari statunitensi dopo Israele. L'esercito egiziano è considerato la base di potere del regime di Mubarak. 

"L'esercito egiziano e le forze di polizia sono equipaggiate con oltre un 1 miliardo di dollari in aiuti militari all’anno da Washington. ... Quando gli Stati Uniti descrivono ufficialmente l’ Egitto come" un alleato importante "è accortamente riferito al ruolo di Mubarak come un avamposto per le operazioni militari americane e della loro guerra sporca in Medio Oriente e non solo. E’ evidente per i gruppi internazionali per i diritti umani che innumerevoli “persone sospette” prelevate dalle forze USA nei loro vari territori in operazioni criminali sono segretamente scaricati in Egitto per “pesanti interrogatori”.
Il paese serve come una grande "Guantanamo" del Medio Oriente, opportunamente oscurato dagli interessi pubblici degli Stati Uniti e sollevato di sottigliezza giuridica riguardo ai diritti umani ". (Finian Cunningham, Egypt: US-Backed Repression is Insight for American Public, Global Research, January 28, 2010) Le politiche degli Stati Uniti hanno imposto all'Egitto e al mondo arabo per più di 20 anni, assieme al "libero mercato", le riforme e la militarizzazione del Medio Oriente che sono la causa principale della violenza di Stato. 

L’intento dell’America è quello di utilizzare il movimento di protesta per installare un nuovo regime. 

Il movimento del popolo dovrebbe reindirizzare le proprie energie: identificate il rapporto tra l'America e "il dittatore". Disarcionate il burattino politico dell’America, ma non dimenticate di porre come obiettivo i "dittatori reali". 

Deviate il processo di cambiamento di regime. 

Smantellate le riforme neoliberiste. 

Chiudete le basi militari statunitensi in Egitto e nel mondo arabo. 

Stabilite un governo veramente sovrano. 

Michel Chossudovsky
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22993
29.01.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ETTORE MARIO BERNI

sabato 29 gennaio 2011

Cosa possiamo fare? Decalogo dell'italiano esausto ma non rassegnato


Scrive Marilena Zara, maleza67@gmail.com a Beppe Severgnini:

Caro Beppe, in questi giorni infausti per il nostro Paese si apprende da più fonti che all'estero si chiedono come mai noi italiani non reagiamo allo squallore dei festini berlusconiani. Non si spiegano come mai stiamo ancora perdonando mr B. Effettivamente, parlando con conoscenti ed amici, anch'io ho potuto appurare che più di qualcuno ancora si ostina a giustificarlo, altri invece forse cominciano ad averne abbastanza. Io ne avevo abbastanza già nel ‘94, ma "capisco" che a qualcun altro serva un po' più di tempo. Ora però abbiamo veramente oltrepassato il limite della decenza. Continuo a chiedermi se chi si ostina a difenderlo non si renda conto di quanto sia indifendibile, di quanto ci renda ridicoli agli occhi del mondo questo gridare al complotto, al golpe, alla privacy violata. Ma cosa possiamo fare noi singoli, a parte manifestare con lettere, petizioni, raccolta firme, cortei in piazza (dove sono le opposizioni? Perchè non ne hanno ancora organizzato uno?) il nostro dissenso? Come fanno a sapere questi commentatori che gli italiani non ne hanno ancora abbastanza? Dai sondaggi? Personalmente non sono molto fiduciosa nella veridicità dei sondaggi, soprattutto quelli di Porta a Porta. Però sono un po' sconfortata, sto diventando insofferente, mi sento impotente, sono alla costante ricerca di un modo per dire "BASTA!", e ho tanta paura che, nonostante tutto, davvero anche stavolta non cambi nulla. Cosa possiamo fare, Beppe?


Risposta di Beppe Severgnini


  1. Pensare col cervello e non con la pancia
  2. Pensare che non ha ragione chi urla di più
  3. Pensare che la nostra reputazione internazionale può solo migliorare
  4. Pensare che negli organi cavi (la pancia) il vuoto non esiste: un'alternativa politica arriverà
  5. Pensare che i ragazzi italiani hanno bisogno di modelli alternativi a Minetti & Fede
  6. Pensare che non può andare sempre così
  7. Pensare che l'incoerenza non è reato, ma altre cose sì
  8. Pensare che gli imperi, da Roma (V sec) a Venezia (XVIII sec) a Playboy (XX sec), finiscono sempre così
  9. Pensare che il Capo, quando dice, "Mi vogliono sputtanare!", avrebbe potuto usare un altro verbo.
  10. Pensare.


(fonte: Beppe Severgnini)

venerdì 28 gennaio 2011

Il dissociato


I direttori generali delle aziende possono essere bravi o meno bravi, risultare simpatici o, anche per effetto della loro funzione, antipatici, prepotenti o concilianti, raccomandati o meritevoli, intelligenti o stupidi, perchè l’ incarico non prevede interventi miracolosi dello Spirito Santo come quell’altra nota poltrona romana. Quello che un direttore generale non può mai fare, in un’azienda seria, è rendersi ridicolo in pubblico, come ha fatto Mauro Masi ad AnnoZero dissociandosi da un prodotto della propria azienda. Immaginate un Marchionne che dall’altoparlante di una concessionaria Fiat annunciasse che lui si dissocia da un modello della Fiat perchè ha scoperto che fa schifo.

(fonte: Vittorio Zucconi)

mercoledì 26 gennaio 2011

L’ECONOMIST CONFERMA: SÌ, L’ÉLITE DELLA POTENTE GLOBOCRAZIA COMANDA IL MONDO E NON È UNA COSPIRAZIONE


di Steve Watson - prisonplanet.com

L’agenda per il sistema centralizzato di controllo globale è pubblica

Si è spesso parlato della spinta verso un sistema centralizzato di controllo del governo mondiale come di una “cospirazione pubblica”. Gruppi come Bilderberg, la Commissione Trilaterale e il Council on Foreign Relations sono i perni di questa agenda, stabiliscono le misure prese dai politici e dai broker del potere che questi gruppi hanno di fatto comprato.
Un articolo piuttosto eccentrico apparso da poco sull’Economist fa riferimento a questa struttura di potere non come a una teoria della cospirazione, ma semplicemente confermando che ‘l’élite cosmopolita” si ritrova effettivamente in quei meeting in club esclusivi per forgiare il mondo nel quale la “superclasse” desidera abitare.

Ovviamente, l’Economist è il posto ideale dove ostentare una cospirazione, dato che il suo editore è un abituale frequentatore della conferenza annuale del gruppo Bilderberg, un’ammissione che l’articolo rivendica con orgoglio nei primi paragrafi.

In modo ironico, l’articolo descrive Bilderberg come “una cospirazione del male tesa a dominare il mondo” e poi finisce con l’affermare che sì, il gruppo effettivamente domina gli eventi nel mondo.

È stato responsabile della moneta unica europea, ospita gli affaristi e l’aristocrazia più influente al mondo, così come un piccolo gruppo di giornalisti, in rappresentanza delle più grandi corporazioni mondiali di media, che hanno aderito alle regole della Chatham House, ovvero che non possono rivelare le “grandi idee” ordite dal gruppo.

“Il mondo è un posto complicato, con oceani di informazioni rovesciate dappertutto”.
“Dirigere una multinazionale può aiutare a farsi una discreta idea di come vanno le cose. Aiuta anche a trovarsi a stretto contatto con altri globocrati. Quindi l’élite cosmopolita – finanzieri internazionali, burocrati, studiosi e proprietari di istituti di beneficenza – si incontrano regolarmente e discutono. Fanno gruppo nei meeting elitari...Formano dei club”.

I più influenti tra questi club, secondo l’articolo, sono il gruppo Bilderberg, il Council on Foreign Relations, la Commissione Trilaterale, il Carnegie Endowment for International Peace e il Gruppo dei Trenta. Ora stanno abbandonando la loro natura segreta e si rivelano al mondo. “L’accesso al grande party globocratico ora è libero”, sostiene l’articolo.

Il pezzo prosegue fornendo alcuni esempi di alcuni grandi eventi internazionali che sono stati preparati per gli incontri delle élite lungo gli anni, inclusi accordi diplomatici e anche decisioni su importanti guerre.

“Questi meeting sono ‘una parte importante della storia della superclasse’, sostiene l’Economist citando le parole di David Rothkopf, elitarista internazionale ed ex consigliere di Kissinger, autore del libro Superclass. La nuova élite globale e il mondo che sta realizzando.

“Quel che offrono in realtà è l’accesso ad ‘alcuni dei leader più sfuggevoli ed isolati’. In questo senso, questi meeting fungono anche da ‘meccanismi informali di potere [globale], aggiunge Rothkopf.

Ma non condanniamo l’élite globocratica internazionale, implora l’articolo, sostenendo che la superclasse è stata “sorpresa a sonnecchiare”. E, se da una parte, il pezzo ammette che alcuni banchieri internazionali sono responsabili del saccheggio del sistema, dall’altro tenta di convincere i lettori che di fatto la presenza di una élite internazionale interconnessa ha salvato il mondo dal crollo finanziario, quindi possiamo dormire sonni tranquilli.

Ovviamente, chi segue con attenzione l’attività di questi gruppi di élite può confermare che questi non sono stati presi alla sprovvista ed erano pienamente consapevoli che la crisi era stata meticolosamente veicolata nel 2006.

Le relazioni uscite dai meeting di Bilderberg in Canada nel 2006 e in Turchia nel 2007 predicevano il crollo globale dei mutui e il conseguente crollo finanziario di lunga durata. Fin da allora il gruppo ha discusso esattamente di come deve muoversi nel condizionare la situazione economica per estendere il proprio controllo globale e quello della “superclasse” (in tutta onestà, noi non siamo il male).

Un decennio fa chiunque avesse parlato dell’esistenza di Bilderberg, suggerendo la sua immensa responsabilità nella manipolazione degli eventi nel mondo, veniva semplicemente considerato un cospirazionista paranoide. Oggi, con la stessa affermazione, i grandi media stendono i loro articoli.

(fonte: Megachip)