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lunedì 17 gennaio 2011

Dopo di me, la notte


Scorrendo i commenti dei lettori nei blog dei giornali filo berlusconiani, volontari o pagati che siano, un tema che si intravvede anche sotto la crosta dei boia chi molla più fedeli è quello dell’ “anche noi ne avremmo abbastanzai, ma chi potrebbe mai prendere il suo posto?”. E’ una considerazione comprensibile e purtroppo tipica dei momenti peggiori nella storia politica delle nazioni, quando il terrore del “dopo” paralizza anche coloro che si rendono conto della insostenibilità dell’ “adesso”. E’ un po’ la vecchia e classica sindrome della “moglie bastonata” che esita ad abbandonare chi la bastona per il timore di trovarsi sola a mantenere i figli o nella illusione che il bastonatore possa ravvedersi. Nella realtà, un “dopo Berlusconi” ci sarà per forza, tra un giorno o fra dieci anni. Qualcuno dovrà governare l’Italia, o quello che ne resta, dopo di lui, sia chi sia, e proprio questo avere creato il vuoto attorno a sè, devastando la vita civile di una nazione e risucchiando nel gorgo tutte le possibili alternative interne o esterne al castello, è la tragedia principale di tutti “caudillismi” e i “peronismi”: lasciare in eredità al proprio Paese terra bruciata, come sta facendo lui nella sua disperata lotta contro tutti per sopravvivere a qualunque costo.  Berlusconi, come tutti i despoti nel proprio feudo, vive nel terrore di un possibile erede, perchè sa che il profilarsi di un successore credibile accelererebbe la presa di coscienza anche degli elettori della Destra e quindi la sua fine. Anche Bossi, che è molto meno zotico di come ami presentarsi per compiacere una parte dei suoi elettori, avverte questo rischio del “muoia Sansone con tutti i Filistei” quando invita Berlusconi a non demolire la magistratura per salvare se stesso. Invito che quella sconcezza pagata da noi tutti che è il TG di Minzusconi naturalmente ha omesso di dare quando ha riportato le parole di Bossi nei suoi 10 minuti, dicasi 10, su 30 di arringhe degli avvocati difensori dell’indifendibile.

(fonte: Vittorio Zucconi)

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