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martedì 18 gennaio 2011

Più di qua che di là

E così la previsione di Mino Pecorelli si avvera, trentadue anni dopo il suo assassinio. La Pornopolitica sbarca in Parlamento, a Montecitorio, nel tempio della democrazia. Nella giunta per le autorizzazioni a procedere, nel corso dei decenni repubblicani, sono passate tante cose: tangenti, massoni, discariche, camorristi, conti svizzeri, antilopi (il nome in codice del ministro italiano che aveva beccato il regalo per la Lockeed), baci mafiosi, bustarelle per i petroli, carceri d’oro. È passato di tutto, si pensava. Fino a ieri mattina: quando il presidente della giunta, il gentiluomo Pierluigi Castagnetti, che entrò in politica indirizzato dal monaco Giuseppe Dossetti, ha aperto l’incartamento che arriva dalla Procura di Milano sulle notti di Silvio Berlusconi. E da quel momento in poi nulla resterà come prima.


«Orge, ma non con droga», assicura l’ex prefetto, ah bè, allora stiamo tranquilli. Un puttanaio, sintetizza utilmente una delle ospiti. I parlamentari entrano nella stanza, leggono, memorizzano, prendono nota, sgomitano. Come guardoni? Sì, ma ci sentiamo tutti un po’ così questa mattina, tutti costretti davanti al buco della serratura di questa serva Italia,«nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!», lo aveva già scritto maestro Dante una volta per tutte, settecento anni fa. Sì, è «allucinante», come racconta al telefono una delle ragazze intercettate. Non sembrano finire mai, le notti di Arcore a metà strada tra il Doppio Sogno di Arthur Schnitzler e le commedie anni Settanta con Bombolo e Cannavale, che erano campioni di eleganza rispetto a queste risatacce sguaiate.

La carriera di Berlusconi è cominciata con la P2 e potrebbe finire con la B2: il Bunga Bunga. La nuova loggia, con Lele Mora al posto di Licio Gelli, ordina i corpetti e i calzoncini aderenti al posto dei cappucci e dei grembiulini, ma identico è il clima opprimente di segreto, e poi le stanze chiuse e sotterranee, il vincolo tra gli aderenti, i riti iniziatici. Una setta esclusiva che ammette solo gli animi forti, solo chi «è disposto a tutto». Ieri generali, direttori di giornale, ministri, agenti dei servizi segreti, associati per sovvertire la Costituzione. Oggi impresari, giornalisti, cortigiani, starlette, escort, meteorine, assoldate per sollazzare il sovrano e per alleviarne l’inesorabile decadenza psico-fisica. La B2 è una P2 in mutande, accaldata, allupata. Triste.

Questa mattina l’incartamento continuerà a sputare il suo orrendo contenuto e i parlamentari torneranno a Roma, quelli che erano pronti a saltare sul carro del vincitore con il gruppo dei Responsabili, e che ora vacillano, e quelli che hanno ascoltato la reazione dei loro elettori e si sono convinti che è giunta l’ora di staccare la spina. E verrà il momento delle scelte.

C’è chi perfino in questi giorni ripete il mantra della guerra fredda. Meglio ladri che rossi, si diceva a quei tempi, e poi «meglio Lima che Bobbio», scrisse il settimanale ciellino il “Sabato”, prima che Salvo Lima fosse ucciso in una resa dei conti mafiosa. «Meglio un vecchio porco che giovani ipocriti tipo Fini», ha aggiornato il direttore di “Libero” Maurizio Belpietro. Massì, meglio il Vecchio Porco: lo stesso che ora blocca il paese sulle sue ossessioni private dopo averlo fatto innamorare dei suoi sogni. Il suo programma politico era la sua vita privata, “Una storia italiana”, quella spedita nella case degli italiani nel 2001, giardini, boccoli biondi, una moglie esemplare e una famiglia felice, il messaggio era: se mi votate diventerete come me. E a nulla, dunque, vale ora invocare la privacy, ora che il sogno si è trasformato in incubo.

Spetta agli altri dimostrare che un’alternativa al vecchio porco c’è. Finora il Pd, Casini, Di Pietro e Fini non ci sono riusciti. Ma non si può sottovalutare l’effetto di quelle frasi eruttate dall’inchiesta di Milano. In tanti in queste ore, anche dentro il Pdl, si chiedono se non sia arrivato il momento di lasciar perdere il Cavaliere che affonda nello sputtanamento generale. Le opposizioni, Fini compreso, stanno uscendo dal torpore post-14 dicembre per passare all’attacco. La Lega è sempre più in imbarazzo. Per non parlare del Quirinale, o del Vaticano. «Un’uscita rapida da questo irrespirabile polverone», prende coraggio e chiede questa mattina il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio (benvenuto!)

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La conclusione è che si fa davvero fatica a dare torto alle gemelline De Vivo quando si dicono al telefono: «L’ho visto un po’ out. Ingrassato. Imbruttito. L’anno scorso stava più in forma. Adesso sta più di là che di qua». Ma se Berlusconi non lascia rapidamente finiremo tutti più-di-là. Non restano che le dimissioni, per un uomo che in queste condizioni non può più governare l’Italia. Dimissioni, per chi sembra in mano a quattro ragazzine («è diventato pure brutto: deve solo sganciare. Speriamo che sia più generoso. Io non gli regalo un cazzo»). Dimissioni, per chi ha portato a puttane un intero Paese.

(fonte: Marco Damilano)

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