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giovedì 13 gennaio 2011

La Consulta verso l'incostituzionalità Giudici divisi, 8 a 7 per la bocciatura

Oggi la Corte decide sul legittimo impedimento. Le toghe discutono se abrogare la legge o "tagliare" tutte le protezioni del premier

di  LIANA MILELLA


ROMA - È oggi il gran giorno. Nelle mani della Consulta l'ennesimo scudo per evitare che il Cavaliere si sobbarchi allo stillicidio delle udienze dei casi Mills, Mediaset, Mediatrade. Su cui un primo segnale negativo è già arrivato. La Corte ha ammesso il referendum abrogativo proposto da Antonio Di Pietro. Che esulta: "La resa dei conti per Silvio Berlusconi si avvicina inevitabilmente e inesorabilmente. Così dev'essere, perché siamo tutti uguali davanti alla legge". Il costituzionalista Alessandro Pace, che ha sostenuto le ragioni dell'Idv in camera di consiglio per sottoporre la legge al giudizio popolare, non ha dubbi: "Va cancellata perché va contro la Carta. Il legittimo impedimento ordinario è più che sufficiente". 



Questo è il quesito per i giudici. I 15 entrano in camera di consiglio alle 9 e 30. Palazzo off limits per la stampa in tutti e cinque i piani. In strada i supporter del no raccolti nel Popolo viola. Attesa per il verdetto che, dicono i bene informati, potrebbe uscire a metà pomeriggio. Reso pubblico a tutti con un comunicato, come avvenne per i lodi Schifani e Alfano. Rinvii? Ieri sera erano esclusi. Conclusione? Una débacle per la legge. Una pronuncia di piena incostituzionalità. Norma nel cestino. Processi che riprendono a Milano dal giorno dopo. Decisione di stretta misura. Otto a sette. Al massimo nove a sei, proprio come finì per lo scudo Alfano. 



In alternativa, una soluzione definita "altrettanto severa" nei confronti della legge. Una tagliola che dichiarerebbe incostituzionali, e quindi da espungere, tutti i passaggi che riguardano la "protezione" degli impegni del premier, "le attività preparatorie e consequenziali, nonché co-essenziali alle funzioni di governo". Via anche il carattere "continuativo" degli appuntamenti istituzionali, che tornerebbero a essere quello che sono per i normali cittadini, singoli incontri e meeting. Via anche il certificato della presidenza del Consiglio. 



Neppure presa in considerazione una sentenza interpretativa di rigetto, cioè la bocciatura dei ricorsi di Milano con il "contentino" di salvare la legge, interpretarla, e dire che il giudice non deve rinunciare al suo potere di sindacato sull'inderogabilità degli impegni presentati. "Non esiste e non è mai esistita" dicono fonti qualificate della Corte. Anche se da più parti è stata sollecitata come una possibile mediazione. 
Dopo la spaccatura per l'elezione del presidente Ugo De Siervo (un mese fa e finita otto a sette), giudici di sinistra contro giudici di destra, oggi si torna a far la conta sul legittimo impedimento. Dice la medesima fonte: "È un fatto, siamo divisi, la decisione sarà comunque presa a maggioranza, e qualcuno ci resterà male o si sentirà frustrato, ma questo non ci preoccupa, l'importante è che essa sia chiara, comprensibile, e non lasci adito a dubbi". 



Ancora ieri sera i colloqui tra le alte toghe erano in pieno svolgimento: tra chi ritiene la legge del tutto o in grossa parte incostituzionale (lo stesso De Siervo, il relatore Cassese, Criscuolo, Gallo, Lattanzi, Silvestri, Tesauro, Maddalena), e chi vorrebbe a tutti i costi salvarla. Per certo Mazzella e Napolitano, i due giudici della cena con Berlusconi, Alfano e Letta. E poi Frigo, Saulle, Quaranta, con cui potrebbero alla fine schierarsi anche Finocchiaro e Grossi. La Corte si divide tra chi, nel primo gruppo, chiede una pronuncia squisitamente giuridica e mette in secondo piano gli inevitabili effetti politici, addirittura il rischio di elezioni. E chi, all'opposto, enfatizza le possibili conseguenze, quasi che la Consulta dovesse farsi carico degli equilibri della legislatura. Se prevarrà l'incostituzionalità piena, allora avranno vinto i puristi dell'interpretazione legislativa che non piega l'irreprensibilità delle norme alle esigenze sovrane della politica. Se prevarrà quella parziale sarà scritto nelle righe del comunicato il peso del compromesso.


(fonte: Repubblica)

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